
Disegni e progetti di Raimondo D'Aronco fra Italia e Turchia
Le Gallerie del Progetto di palazzo Valvason-Morpurgo a Udine custodiscono un significativo fondo grafico di 3340 fogli relativo all’operato di Raimondo Tommaso D’Aronco fra la penisola italiana e l’impero turco-ottomano. Definito “Attila” dai familiari, per il suo temperamento caustico, l’architetto nasce a Gemona del Friuli il 31 agosto 1857 e si spegne a Sanremo il 3 maggio 1932. La sua prima formazione va ricerca a Graz, dove affianca il capomastro Franz di Moggio e frequenta una scuola artigianale privata, entrando in contatto con le prime sperimentazioni compositivo-progettuali che di lì a poco si sarebbero tradotte nel Secessionstil. Qualche anno dopo il rientro a Gemona, nel 1877 si iscrive ai corsi di ornato e architettura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, a cui fa seguito una intensa attività didattica che lo vede impegnato a Massa Carrara, Palermo, Cuneo, Messina e Napoli. Oltre all’insegnamento va rammentato il decisivo soggiorno in Turchia (1893-1909), che gli consente, in primo luogo, di progettare edifici per la corte del sultano; in secondo luogo, di vagliare il vocabolario formale proprio dell’architettura bizantino-ottomana.
Sono molteplici le tipologie affrontate da D’Aronco nelle 108 tavole prese in esame. Un ruolo di primaria importanza rivestono nel suo corpus grafico i progetti per le esposizioni, come quelle di Istanbul (1893), i cui disegni rimangono sulla carta a causa del terremoto del 10 luglio 1894, Torino (1902) e Udine (1903), quest’ultima considerata dall’architetto «lo studio più serio e completo che abbia fatto» (17 gennaio 1903).
Anche le ville e le case unifamiliari diventano un campo di sperimentazione, nel quale confluiscono gli elementi della Wagnerschule, fil rouge della produzione del maestro, e i caratteri delle tradizionali dimore turche come, in particolare, la hall passante centrale (sofa-divanhane) che funge da nucleo distributivo degli ambienti principali; soluzione ravvisabile, ad esempio, nell’abitazione del fratello Quinto, tuttora esistente, eretta a partire dal 1912 a Udine, in viale Duodo 46.
D’Aronco, come tanti altri architetti a cavallo fra XIX e XX secolo, affronta mediante un approccio eclettico il tema degli edifici di culto e cimiteri: degni di nota, in tal senso, la cappella neogotica di Rocca Bernarda (1884), la moschea di Karaköy (1903-04) e la tomba Camavitto (1904) nel cimitero comunale di Udine, considerata dalla critica “una sorprendente premonizione dell’estetica futurista”.
Per quanto concerne, invece, i monumenti ai caduti ideati dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, è doveroso porre l’accento non solo sulla qualità pittorica dei fogli, data dal raffinato impiego dell’acquarello steso per velature, ma anche sul bagaglio culturale dell’autore, capace di abbinare magistralmente i nuovi materiali di costruzione con i linguaggi storici del passato, riattualizzati in chiave moderna.
Il nucleo grafico conservato nell’archivio delle Gallerie del Progetto permette, dunque, di ripercorrere le tappe di un architetto irrequieto, pragmatico e sempre alla ricerca di nuove forme da sperimentare; modus operandi testimoniato, sebbene egli ritenesse la scrittura un’operazione superflua, dai fitti carteggi con amici e collaboratori: “Io non amo scrivere, un po’ perché non ho tempo, un altro po’ perché temo di non saperlo fare, e molto, infine, perché preferisco il fare al dire”.