
Architetture goriziane (seconda parte)
I PALAZZI PUBBLICI E PER LA COLLETTIVITÀ
A Gorizia sono molti gli edifici ad uso pubblico concepiti per la collettività. I più significativi si collocano tra la metà dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento. In nemmeno un secolo si concentrano episodi architettonici riconducibili al gusto eclettico, al liberty, al monumentalismo retorico, al razionalismo. Si tratta dunque di un itinerario complesso e sfaccettato, nel quale tendenze e linguaggi si susseguono, si giustappongono, si confrontano.
Il Civico Stabilimento Bagni (A_2423), realizzato tra il 1876 e il 1878 su progetto dell'ingegnere Leopoldo de Claricini, è tra i più significativi edifici pubblici a Gorizia. L’elegante complesso termale dalle linee di ispirazione neoclassica, dimostra l’attenzione dell’amministrazione asburgica allo sviluppo turistico e ricettivo della città.
Per le medesime finalità, solo pochi anni prima, lungo il corso Italia viene costruito l’eclettico Palazzo dei Tre Portoni (A_2494), costituito dall’accorpamento di tre distinti corpi edificati. In origine viene destinato a struttura alberghiera e sanitaria; dalla fine degli anni Trenta sarà la sede dell’amministrazione provinciale. Recentemente, dopo un attento restauro l’edificio è passato alla Regione.
Poco distante dai Bagni pubblici, l’Unione Ginnastica Goriziana (A_2359), fondata nel 1868, incarica l’ingegnere Giovanni Brisco di progettare un edificio per lo svolgimento di attività sportive e culturali. Il fabbricato sorge accanto all’attuale edificio della caserma “Federico Guella”, nato come palazzo Mels-Colloredo e poi trasformato in un lussuoso albergo della Compagnia delle Ferrovie Meridionali. Negli anni Cinquanta del Novecento, in aderenza all’eclettico corpo ottocentesco, viene costruita una nuova e innovativa palestra, priva di colonne portanti e dotata di una copertura arcuata in cemento armato precompresso.
Lungo l’attuale via Duca d’Aosta sorge un compatto edificio parallelo alla strada, preceduto da un ampio giardino alberato. Si tratta della sezione slovena della Scuola Agraria (A_2454), progettata nel 1882. Il complesso rivela l’attenzione dell’amministrazione asburgica per l’agricoltura, settore economico strategico. Negli anni l’edificio viene ampliato e rimaneggiato, diventando laboratorio provinciale di igiene e profilassi; oggi è inutilizzato e in degrado.
All’incrocio tra le vie Filzi e Sauro, tra il 1899 e il 1902, viene costruito l’imponente Palazzo di Giustizia (A_2377), dal gusto eclettico, dalla cupola di rame e dalle linee che ricordano un linguaggio architettonico più volte riproposto in altre città provinciali dell'impero asburgico. L’autore del progetto del tribunale è l'ingegnere polacco Josef Wojtechowsky, chiamato da Vienna per costruire negli stessi anni, sempre a Gorizia, la Galleria “Francesco Giuseppe” (A_2382), un vasto complesso edilizio costituito da un’ampia sala espositiva collegata alla sede della Camera di Commercio. Solo la facciata su via Morelli è stata risparmiata dalle distruzioni belliche.
Alla vigilia della Grande Guerra, in via Leopardi viene realizzato il palazzo per la Cassa Distrettuale Ammalati (A_2417), diventato in seguito la sede del Provveditorato agli Studi. Progettato dall’ingegnere triestino Gino Zaninovich, il sobrio e compatto edificio propone riferimenti all'architettura austriaca e temi paleobizantini e veneziani. Da vent’anni purtroppo versa in uno stato di abbandono e degrado.
Risale ai primi anni del Novecento l’imponente e austero edificio eclettico posto all’angolo tra il corso Italia e l’imbocco di via Nizza. In origine ospita la Banca Popolare Goriziana, divenuta in seguito una filiale della Banca Commerciale Triestina (A_2402). La sua facciata dal carattere di rappresentanza è rivolta verso il teatro comunale Giuseppe Verdi (A_6704). Quest’ultimo edificio, tra i più significativi di Gorizia, vanta una storia lunga più di 250 anni; più volte modificato e ampliato è ancora oggi al centro della vita sociale, artistica e culturale della città.
All’incrocio tra il corso Verdi e le vie Boccaccio e Oberdan, tra gli anni Venti e gli anni Trenta, vengono costruiti due edifici simbolo di Gorizia. Si tratta del mercato coperto (A_2339) dell’ingegnere Riccardo Del Neri e del palazzo postale (A_2444) dell’architetto Angiolo Mazzoni. Nel primo, tra mattone e cemento armato sembrano coesistere sapientemente tradizione e innovazione. Nel secondo caso, Mazzoni sembra ispirarsi all’architettura di Joseph Hoffmann e alle suggestioni della Secessione viennese. Inoltre, lungo via Boccaccio, accanto al mercato all’ingrosso già esistente, alla fine degli anni Venti viene costruito l’ufficio delle imposte di consumo, meglio conosciuto come “Casa del Dazio” (A_9442). Si tratta di un piccolo edificio la cui facciata sulla via presenta delle assonanze stilistiche con le architetture eclettiche di inizio secolo.
Nella metà egli anni Cinquanta del Novecento, all’angolo tra il corso Verdi e via Boccaccio viene realizzata la sede della Banca Cattolica del Veneto (A_9447), dell'architetto Mario Baresi. Con questo fabbricato si completa l’edificazione di un angolo di città destinato al commercio e al credito. La moderna sede bancaria, rivestita con listelli di laterizio a vista, dialoga architettonicamente con il palazzo postale e con il mercato coperto che presentano un simile trattamento superficiale.
Negli anni Trenta, anche a Gorizia, il fascismo vuole imprimere un nuovo volto urbano. La nuova via Roma che conduce alla piazza della Vittoria deve essere intesa come un viale trionfale e monumentale. All’incrocio con via Crispi sorgerà così la nuova sede del Consiglio provinciale dell’economia corporativa, oggi Camera di Commercio (A_2449). Gli autori sono Alberto Cristofori e Bruno Sarti che si rifanno alla monumentalità romana e all’architettura rinascimentale italiana.
Poco lontano, sempre in via Roma, sorge l’imponente palazzo dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (A_2452), progettato nel 1938 dall’ingegnere goriziano Guido Schiozzi. Le sue forme razionali e solenni rispondono al carattere monumentale del nuovo asse viario voluto dal regime mussoliniano.
Nel 1976 si completa l’edificato lungo via Roma, l’arteria cittadina tracciata negli anni Trenta e destinata a divenire il centro più monumentale e rappresentativo della città. Gli architetti Mariateresa Grusovin e Giorgio Picotti elaborano un palazzo per ospitare gli uffici della Regione Friuli Venezia Giulia e un auditorium regionale per concerti, conferenze e congressi (A_8323). La struttura, circondata dal verde, è inserita nel tessuto urbano in maniera originale e insolita; un caso unico per il contesto edilizio goriziano. La sua struttura metallica a vista e le ampie vetrate sembrano ispirarsi alle soluzioni proposte negli Stati Uniti dai grandi maestri del Movimento Moderno.
Pochissimi anni dopo, la comunità slovena di Gorizia incarica l’architetto triestino Edo Mihevc di progettare il Kulturni Dom Gorica (A_6718). Dal 1981 il complesso edilizio di via Italico Brass è la casa della cultura slovena, una struttura che accoglie diverse attività, di carattere sia sportivo che culturale.
ALCUNI DEI PIÙ SIGNIFICATIVI EDIFICI SCOLASTICI
A Gorizia è possibile tracciare un affascinante itinerario che si snoda tra le scuole cittadine. Alcuni dei molteplici edifici scolastici spiccano per l’intrinseca qualità architettonica. Nonostante la loro considerevole vetustà, oggi queste scuole assolvono ancora al loro compito originario, quello cioè di luoghi dell’istruzione, della formazione e della cultura.
Tra le più antiche strutture si ricorda la scuola civica popolare maschile “Vitaliano Fumagalli” (A_2385). Realizzata nella periferia settentrionale della città tra il 1888 e il 1890 su iniziativa dell’amministrazione asburgica, la scuola si presenta sobria, simmetrica e compatta, ingentilita da una facciata eclettica trattata a bugne e sulla quale si susseguono lesene, timpani e archi.
Risale agli stessi anni il giardino infantile fröbeliano (A_2410) di via Don Bosco dedicato a Francesco Giuseppe, progettato dall'ingegnere Angelo Emilio Luzzatto, dell'ufficio tecnico comunale. Il piccolo asilo d’infanzia, successivamente intitolato all’irredentista Italico Brass, oggi è sede della scuola di musica Lipizer.
Tra il 1908 e il 1909 l’architetto goriziano Silvano Baresi realizza la scuola elementare “Riccardo Pitteri” (A_2393) in via dei Cappuccini, un massiccio edificio dalle linee che rimandano ai modelli della Secessione viennese. Oggi purtroppo versa in completo stato di degrado ed è in attesa di un meritato recupero.
Lungo il corso Giuseppe Verdi, accanto al palazzo Werdenberg – oggi sede della Biblioteca Statale Isontina – alla fine dell’Ottocento viene realizzato un massiccio edificio dal severo fronte strada. Organizzato simmetricamente, ha l’asse segnato dal portale d’ingresso a tutto sesto. Architrave, frontone, colonne ioniche e nicchie conferiscono monumentalità al palazzo che per molti anni fu la sede dell’istituto magistrale “Scipio Slataper” (A_2394). Oggi è sede del Comando Provinciale Carabinieri.
Anche in periferia si individuano dei significativi esempi di edilizia scolastica. È il caso di Podgora o Piedimonte del Calvario, sulla riva sinistra dell’Isonzo. Qui, nella seconda metà dell’Ottocento, la famiglia di origine tedesca Ritter de Zahony impianta una colonia operaia a servizio dei vari opifici sorti sull’altra sponda del fiume, a Straccis. L’intraprendenza industriale dei Ritter determina lo sviluppo industriale di Gorizia. Con lungimiranza e con un atteggiamento paternalistico la dinastia dei Ritter si preoccupa di fornire ai propri addetti le migliori condizioni di vita possibile. Case innanzi tutto, ma anche servizi, come ad esempio la scuola elementare di Piedimonte (A_9446), un grande edificio dalla facciata monumentale di gusto classicista.
Negli stessi anni, sempre in località Podgora, la Lega Nazionale si interessa della costruzione della Scuola Popolare di Piedimonte (A_2411), un edificio eclettico dai tratti neorinascimentali, caratterizzato dalla monumentale scalinata a doppia rampa. Negli anni a seguire, lo stabile viene adibito a scuola materna e in tempi più recenti a sede del Giudice di Pace.
Poco dopo, nel 1914 viene eretta la scuola popolare maschile “Giacomo Leopardi” (A_2422) nell’omonima via. Il progetto è dell’ingegnere goriziano Riccardo Del Neri. Le sue facciate eclettiche rimandano all’architettura neorinascimentale lombardo-veneta. Concepito in principio a due piani, nel secondo dopoguerra l’edificio viene sopraelevato, in continuità però con le originarie caratteristiche compositive, tecniche e decorative.
Nel 1931 viene inaugurato l’asilo nido “Duchessa d’Aosta” (A_9440), all’angolo tra via Vittorio Veneto e via Garzarolli. Il progettista è l’ingegnere Silvano Baresi che si occupa, negli stessi anni, della ricostruzione dei padiglioni dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale, distrutto durante la prima guerra mondiale. L’architettura dell’asilo nido è chiara e lineare, essenziale nella sua impostazione geometrica. Negli ultimi tempi l’edificio ha ospitato il Consorzio Isontino Servizi Integrati.
Negli anni Trenta, in pieno fermento razionalista, gli architetti veneti Francesco Mansutti e Gino Miozzo propongono un modello di scuola del tutto innovativa, capace di rompere con gli schemi tradizionali. Si tratta della sede della Piccola e della Giovane Italiana (A_2445), in largo Culiat. La concatenazione di volumi stereometrici è enfatizzata da un corpo curvo che si allinea all’attigua scuola “Leopardi” di inizio secolo. Oggi i due edifici sono collegati e riuniti in un unico istituto comprensivo.
In viale Virgilio sorge la Casa della Madre e del Bambino (A_2401), voluta dall’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Anche se edificato all’inizio degli anni Cinquanta sotto la direzione dell’ingegnere Clemente Zaroli, il linguaggio architettonico dell’edificio sembra risentire ancora dell’influenza razionalista di vent’anni prima.
Affascinante e suggestiva è l’architettura del polo scolastico sloveno (A_2045) di via Puccini, una delle ultime opere di Marcello D’Olivo che proprio a Gorizia, tra il 1988 e il 1993 lascia una testimonianza indelebile della sua concezione razionale e organica dell’architettura.
GLI SPAZI DEI SERVIZI
Un campo sportivo e un camposanto sono ovviamente agli antipodi se si guarda alle finalità e alle destinazioni d’uso. Offrono entrambi dei servizi fondamentali allo sviluppo della città ma nei loro spazi, per ragioni completamente opposte, si costruisce la memoria e si depositano valori sociali.
Il cimitero centrale di Gorizia (A_2040) è posto fuori dalla città, nella zona di Sant’Andrea. Iniziato negli anni successivi alla prima guerra mondiale, assume l’attuale conformazione all’inizio degli anni Trenta, grazie al progetto dell’ingegnere Riccardo Del Neri. La sua inconfondibile pianta pentagonale è rafforzata dalla definizione degli austeri edifici monumentali che inquadrano l’ingresso principale. Il porticato ad esedra, i blocchi dei servizi cimiteriali e le lunghe ali delle tombe di famiglia, delimitano il perimetro della vastissima area dei campi di inumazione solcati da viali e percorsi ordinati e regolari.
Di tutt’altro tenore è invece il Campo Sportivo del Littorio, oggi stadio comunale “Baiamonti” (A_2558), situato in Borgo San Rocco. Costruito nel 1931 su progetto dell’architetto Giuseppe Gyra si contraddistingue per la tribuna coperta da un’ampia pensilina di cemento armato. In questa struttura dalle forme ardite si manifesta esplicitamente il razionalismo, proposto come limpida via verso l’architettura moderna.
Fuori città, nel 1938 viene inaugurato il Sacrario militare di Oslavia (A_9441), sulle omonime alture, teatro di sanguinose battaglie durante la prima guerra mondiale. L’imponente ossario ha l’aspetto di un severo e robusto fortilizio. Il progetto è attribuito all’architetto toscano Ghino Venturi che concepisce una struttura massiccia, impostata sulla pianta triangolare, al cui centro si eleva un’imponente torre cava, mentre ai vertici si elevano tre cripte cilindriche più basse. Il Sacrario di Oslavia custodisce i resti di circa 57.000 caduti italiani.