Secchi in rame nelle cucine friulane di un tempo
Come gli alari, anche i secchi in rame erano presenti in ogni cucina friulana: appesi sopra l’acquaio assieme al più piccolo ramaiolo, avevano la funzione di conservare l’acqua attinta dalle donne alla fontana, al pozzo o al fiume.
Questo lavoro di trasporto era faticoso, ed era effettuato grazie all’arconcello, una specie di bastone ricurvo, portato sulle spalle, dotato alle estremità di ganci in ferro ai quali venivano appesi i secchi, per bilanciare il carico, piuttosto pesante.
Essendo di un materiale pregiato, e quindi costoso, questi secchi erano oggetto di particolare cura: venivano puliti con farina di granoturco e aceto; periodicamente veniva rifatta la stagnatura interna, allo scopo di garantire la tenuta del recipiente e prevenire l’ossidazione del rame.
In area veneta e friulana erano frequenti le decorazioni incise sulla superficie laterale esterna dei secchi: si trattava di motivi geometrici o fitomorfi, più raramente di carattere zoomorfo.
Questi oggetti, diffusi già in età moderna, furono repentinamente sostituiti da secchi in materiali meno pregiati nel 1935: a seguito delle sanzioni economiche attuate dalla Società delle nazioni come reazione alla guerra d’Etiopia, il fascismo promosse la campagna “metalli alla patria”, ovvero la raccolta “popolare” delle materie prime che erano venute a mancare alla produzione industriale. Con grande lungimiranza, furono selezionati e “salvati” alcuni oggetti di pregio tra gli innumerevoli pervenuti all’ammasso: diversi esemplari sono conservati presso istituzioni museali del Friuli.