La camera da letto contadina nel Museo Diogene Penzi
Le camere contadine erano poveramente arredate. I letti erano costituiti, fin quasi alla fine del secondo conflitto mondiale, da pagliericci, sacchi in tela riempiti con foglie di mais, posti su assi in legno sollevate da terra mediante cavalletti.
Successivamente vennero gradualmente sostituiti da materassi in crine o lana posti su reti metalliche con pediera e testiera più o meno decorate. Le culle erano in legno o realizzate a cesta in vimini. Queste ultime, di per sé leggere, erano facilmente trasportabili e si potevano anche appendere alle travi dei diversi ambienti, potendo così farle facilmente oscillare.
Una cassapanca trovava solitamente posto accanto al letto matrimoniale e custodiva la dote della sposa oltre a qualche oggetto prezioso, racchiuso in un piccolo vano.
Solo alla fine del XIX secolo, anche nelle case contadine, sarà presente un armadio ad ante, in cui appendere gli abiti che prima invece trovavano posto su grucce con un lungo manico che venivano appese a chiodi infissi nelle travi del soffitto.
Le stanze non erano riscaldate e per poter rendere più accogliente il giaciglio, nella stagione fredda, erano stati escogitati vari sistemi per riscaldarlo. Si andava dal recipiente pieno di acqua calda al mattone scaldato e avvolto nel panno di lana, al braciere con telaio che teneva sollevate le coperte, allo scaldaletto con lungo manico da passare più volte sulle lenzuola.
Catino e brocca ricolma d’acqua servivano invece per una minima e rapida pulizia personale e trovavano posto su appositi sostegni per lavamano, in legno o in metallo, a volte corredati da supporto per l’asciugamano, oltre che di un secchio per svuotarvi l’acqua utilizzata.
Sempre accanto al letto era sistemato il vaso da notte, a volte inserito in una comoda per facilitare anziani o infermi.
Non potevano mancare poi le valigie, in una terra di migranti come è stato per generazioni il Friuli.
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