La località Cjastiei si trova a nord-est dell'odierno paese di Pozzuolo del Friuli, sulla riva sinistra del torrente Cormôr. Modesta altura di forma sub-circolare di formazione neotettonica, in origine circondata da rialzi di modesta entità che ne racchiudevano la spianata è separata dall'adiacente rilievo detto “Le Culine” da una strada di campagna. In epoca protostorica ospitò un insediamento fortificato di lunga durata. Il rialzo, indicato nelle relazioni di scavo come “area E”, fu sottoposto a sistematiche indagini tra il 1980 e il 1986 con un intervallo di due anni tra il 1984 e il 1985. A partire dal 1980 furono aperte 4 trincee esplorative disposte radialmente lungo la fascia esterna del rilievo, una nella parte meridionale del colle (E1, con piccoli saggi di approfondimento E1a E1b), una in quella orientale (E2) e due in quella settentrionale (E4-5). Un unico saggio di oltre 15 metri di lunghezza, aperto in direzione est-ovest (trincea E3) fu predisposto al centro dell'area. Esaurite rapidamente le indagini nei settori E2 ed E3 che mostrarono la presenza di stratigrafia residua costituita da livelli di ferretto e di limi contenenti minuti cocci di epoca protostorica, le ricerche si concentrarono nelle zone sud e nord. Lo scavo della trincea E1 (lunghezza 20 metri, direzione N-S), compiuto a ridosso del moderno sentiero in prossimità dell'acquedotto costruito sul rialzo denominato la “Tesa”, permise di mettere in luce, in corrispondenza di una depressione, la porzione di un fossato che correva internamente ai piedi dell'aggere. Esplorata per per circa 25 mq, la fossa scavata nelle ghiaie tenacemente cementate del substrato presentava un riempimento costituito da falde con matrice per lo più limosa (US 19 ) o argillosa (US 2, 4-5, 9, 11) o limoso-argillosa (USS 3, 10, 18-16) intervallate da strati di sabbia e ghiaino (USS 6, 14). Gli inclusi erano costituiti da ciottoli di varia pezzatura, cocci, spesso anche di cospicua dimensione, resti di lavorazione del bronzo e scarti di industria su osso e corno, piccoli attrezzi, oggetti finiti o semilavorati, ossa di animale e corno di cervo, carboni (si vedano in particolar modo le USS centrali 10, 11, 14 e 16) distribuiti in concentrazioni diverse. La sponda interna, indagata per un segmento di ca. 7,5 m., era tagliata a scarpa nel ferretto e descriveva un arco ampio da sud-ovest a nord-est. Tre furono i rifacimenti nel tempo del limite della fossa; essi corrispondo alle tre fasi di allestimento e uso della stessa. Inizialmente la sponda che, doveva essere originariamente più alta grazie all'apporto di limi recuperati dal fossato, fu foderata con terra. Successivamente fu sistemata con un terrazzamento e una palizzata che venne infine ricostruita con pali rinzeppati da ciottoli e ciottoloni posti a retro aventi funzione di consolidamento dell'area. Scarse in questo settore sono le tracce di strutture che si limitano ad alcune buche di palo. Più proficui furono in questo senso gli scavi effettuati lungo il margine settentrionale dei Cjastiei. L'apertura dei saggi E4 (lunghezza di oltre 12 metri, direzione N-S) ed E5 permise di individuare diversi resti di edifici cronologicamente non coevi: un piano di cottura (E5), buche di palo e fosse-silos, un piano di calpestio e una struttura in fossa (E4). Il piano di calpestio, di cui sono noti solo i dati preliminari di scavo, era formato da ciottoli fluviali con ceramica, carbone e qualche resto di pasto coperto da uno straterello di ghiaia mista a carboni e frammenti fittili. Sotto, a diretto contatto con i ciottoli, si trovava un livello fitto di ceramica di pochi centimetri, sopra un livello di terreno grigio con una macchia di terreno giallo-rossastro con sassi, di forma circolare dia. cm. 35-40 della quale non si è conservato il battuto pavimentale. Di notevole interesse la struttura 1 che ricorda per morfologia e tipo di riempimento quelle venute in luce sull'attiguo terrazzo di Cuppari: una fossa di forma rettangolare (2,50x1,80 m) che incide tutto il sottostante deposito fino allo sterile colmata da ceneri e argilla scottata verso il fondo, dove sono state individuate sette buche di palo e un allineamento di ciottoloni; il tutto era coperto da limi, sabbia, carboni e argilla scottata mescolati con una significativa quantità di cocci, elementi di terracotta, ossa e corno e scarsi manufatti in bronzo. Ciottoloni anche parzialmente calcinati sigillavano la struttura. All'interno della trincea E5, aperta nel 1983 e ampliata nel 1986, tangente all'aggere, fu infine individuato un piano di cottura (2x1 m) spalmato in superficie con argilla e limi e limitato da una corona di sassi il cui vespaio era formato da cinque livelli di frammenti fittili (US 14) sistemati al di sopra di su uno strato di ghiaino sostenuto a sua volta da una gettata in limo e grossi ciottoli. Adiacente al piano di cottura si era conservata una porzione di parete in canniccio crollata su i vasi che erano stati collocati ai suoi piedi (US 12). All'interno della medesima trincea fu messo in luce un secondo fossato interno e furono registrati nuovi dati relativi alla costruzione del terrapieno, in parte indagato con un piccolo saggio nel settore meridionale del rilievo (E1a). Il nucleo fu potenziato tramite l'apporto di falde di ferretto. La sua sponda interna è stata successivamente ingrandita con riporti di limo.
Le prime tracce di un abitato stabile sulla collina dei Cjastiei risalgono al Bronzo Recente pieno (XIV-XIII sec. a.C. ca.) quando vennero edificate strutture, dotate di pareti a canniccio, in parte coeve a quelle rinvenute a Braida Roggia (recinti per il bestiame e tettoie destinate alla manipolazione e alla cottura della carne). Mancano dati relativi all'esistenza già in quest'epoca di una cinta difensiva che venne potenziata tra il X-IX e l'VIII sec. a.C. con l'apporto di terreno argilloso recuperato dai fossati scavati nei pressi della scarpata interna del terrapieno. Sempre dai fossati è stato ricavato il limo grigio oliva con cui vennero normalizzati i dislivelli del ripiano e colmate le buche residue risalenti alla precedente occupazione del Bronzo Finale. Dell'abitato del XII-XI sec. a.C. non restano che un discreto quantitativo di frammenti fittili, poche tracce in negativo e alcuni lembi pavimentali sufficienti ad ogni modo per testimoniare la continuità di vita del sito. L'insediamento del Primo Ferro è indirettamente documentato dai materiali raccolti dalle falde di riempimento del fossato meridionale presso la cui sponda, tra il IX-VIII sec. a.C., furono costruite case (resti di pasto, pesi da telaio, ceramica domestica) e impianti artigianali destinati alla lavorazione del bronzo, dell'osso e del corno e forse alla concia delle pelli. Dopo un devastante incendio l'area fu rioccupata dalle abitazioni mentre le attività produttive furono spostate altrove. Presumibilmente nel corso del VII sec. a.C. il castelliere subì una generale ristrutturazione con allargamento della cinta difensiva anche ai terrazzi posti a sud e a sud ovest delle colline e potenziamento interno del tratto esistente. Sui Cjastiei furono edificate abitazioni dotate di vani interrati circondati da muretti in ciottoli e le cui pareti erano foderate di argilla trattenuta da ramaglie intrecciate. Sui pavimenti in legno poggianti su ciottoli erano sistemate le scorte alimentari del nucleo familiare. Dopo i primi decenni del V sec. a.C. l'abitato entrò in crisi e, dopo 1000 anni di vita ininterrotta, venne abbandonato. I Romani che rioccuparono i Cjastiei tre secoli dopo, intaccarono profondamente la stratigrafia di epoca protostorica compiendo una radicale riorganizzazione dell'area.
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