La località di Braida Roggia si estende sulla riva destra del torrente Cormôr, in corrispondenza di un terreno pianeggiante posto tra il lato nordoccidentale del castelliere di Pozzuolo del Friuli e l'angolo nordorientale della piana di Braida dell'Istituto dove si trova una delle aree sepolcrali pertinenti al suddetto abitato. Essa risulta esterna al composito sistema insediativo - costituito dalle due alture dei Cjastiei e di Le Culine e dai terrazzi adiacenti - e separata da questo e dalla attigua necropoli dal corso del Cormôr. L'area, soggetta alla frequenti piene del torrente che dovevano essere più intense in antichità quando la sua portata d'acqua era maggiore, è stata sottoposta a sistematiche indagini di scavo tra il 1979 e il 1980 (zona di scavo A) in seguito al rinvenimento fortuito di frammenti fittili, ossa e di una tomba a cremazione riportati alla luce durante i lavori effettuati nel 1978 per la posa in opera della conduttura idrica. Gli scavi permisero di individuare una sequenza archeologica di circa 2 m di spessore. Al di sotto dell'arativo (strato 1) si estendeva, anche se non uniformemente in tutta l'area, un livello di ghiaia in matrice limoso-sabbiosa bruna– interpretato come deposito alluvionale - contenete una discreta quantità di ossa e di frammenti ceramici di modeste dimensioni, per lo più datati ad un momento avanzato del Bronzo Finale (strato 2). Il riporto ghiaioso copriva uno spesso strato di limo argilloso bruno, compatto, ricco di materiali archeologici distribuiti con densità variabile al suo interno (strato 3). A partire dall'interfaccia dello strato 3 che fu indagato per tagli (I-III) furono riconosciuti cinque superfici d'uso (A-E) composte per lo più da livelli di cocci, frustoli di carbone e ossa disposti orizzontalmente e da resti di strutture (un piccolo focolare e 25 buche di palo). L'assenza di tracce consistenti che testimonino l'esistenza di costruzioni a carattere residenziale e l'esclusiva presenza di ossa di animali domestici - per lo più bovini e suini – con evidenti segni di macellazioni hanno indotto i ricercatori a collocare in questa zona, marginale rispetto all'abitato, un'area di servizio dove in spazi coperti da tettoie era manipolato e preparato il cibo. I livelli di frequentazione più profondi, scanditi da episodi alluvionali di modesta entità, si sono succeduti in un arco cronologico ristretto datato al Bronzo Recente pieno e tardo. Solo al di sopra del piano di lavoro B, in corrispondenza del taglio I, si segnala una cesura dovuta presumibilmente ad un protratto periodo di assenza di occupazione della zona al quale fece seguito una generale e profonda risistemazione avvenuta in un momento pieno del Bronzo Finale con lavori di spianamento e colmatura delle depressioni presenti sul pianoro. L'episodio di esondazione testimoniato dallo strato 2, più violento e consistente rispetto ai precedenti, segnò il definitivo abbandono di Braida Roggia. A tutt'oggi isolato resta il rinvenimento della tomba in dolio a incinerazione del VII-VI sec. a.C. recuperata nel 1978 e danneggiata dai lavori di pubblica utilità. La sepoltura il cui corredo era formato da uno spillone a globetti e fermapieghe tipo Este e un manico frammentario in osso decorato a tacche e occhi di dado, attesta una frequentazione sporadica del pianoro nel corso dell'età del ferro. I rari frustoli di ceramica figulina romana, la punta di freccia in selce e i pochi altri residui di industri litica raccolti al livello del piano di campagna nel corso delle indagini restano di difficile interpretazione e potrebbero essere non in situ.
Lo studio della documentazione di scavo, l'analisi tipologica e funzionale della ceramica e gli esami condotti sui resti di fauna hanno permesso di interpretare il sito come zona destinata alla preparazione e manipolazione del cibo occupata senza soluzione di continuità tra il pieno e il tardo Bronzo Recente e, dopo un periodo di abbandono, in una fase evoluta del Bronzo Finale. Isolata è a tutt'oggi la tomba a incinerazione del VII-VI sec. a.C. rinvenuta casualmente nel 1978.
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