Collana costituita da un nastro lavorato a maglia, diviso in cinque segmenti da quattro ametiste ovali incorniciate da due foglie d’acanto, da borchie lisce e un cartiglio di doppio filo ritorto. Al nastro sono fissati, per mezzo di dischetti lisci semisferici, 11 pendenti grandi e 58 più piccoli a goccia appuntita. Il fermaglio di chiusura è composto da due placchette a forma di mihrab, ciascuna decorata da una cornice multipla, che alterna un cordoncino ritorto a un filo perlinato, da una piccola rana in rilievo, da tre rosette e una frangia rigida; una placchetta presenta un’ametista, l’altra una pasta vitrea sfaccettata.
L'attribuzione alla bottega Castellani di Roma appare fondata, pur in assenza di punzone, sia per le affinità generiche con i pezzi noti, sia soprattutto per l'identità nella forma e decorazione del fermaglio rispetto a quelli del Museo Poldi Pezzoli di Milano attribuiti a Fortunato Pio Castellani e datati intorno al 1820-30, anche se tale motivo fu ripreso diversi decenni più tardi dall’allievo di Castellani, Carlo Giuliano. Questo tipo di collier a nastro con pendenti a “pampilles” si ricollega a precedenti ellenistici, sia per le opere dei Castellani sia per quelle dei loro imitatori. Il monile originale da cui il fermaglio è stato copiato è una collana proveniente da una tomba greca di Saticula (fine del IV-III secolo a. C.) del Museo Nazionale di Napoli (inv. 24658), che presenta gli stessi elementi decorativi. Molto aderenti agli originali, tanto da costituire talvolta delle copie perfette, i gioielli antiquari sono esemplati su modelli etruschi, ellenistici e romani, per i quali gli orafi potevano servirsi di oggetti autentici, venuti alla luce durante l’esplorazione di tombe o gli scavi archeologici di Ercolano e Pompei. In questo campo il precursore fu il romano Fortunato Pio Castellani (1794-1865), seguito dal figlio Alessandro (1823-1883) che, nel 1860, in esilio a Parigi, aprì una succursale della ditta di famiglia, e tra il 1862 e il 1870, durante il suo soggiorno a Napoli, fondò una scuola di oreficeria diretta da Giacinto Melillo (1845-1915) che produsse diversi gioielli di stile antiquario, quasi sempre senza marchio. Una data importante per l’affermarsi della moda della gioielleria antiquaria è segnata dall’acquisto da parte di Napoleone III, nel 1860, della collezione Campana che comprendeva 929 gioielli greci, etruschi e romani, e che, entrata a far parte delle raccolte del Louvre, fornì agli artefici la possibilità di studiare dal vero gli originali antichi (M. Malni Pascoletti, 1989, pp. 25, 69). La collana è uno dei gioielli ex voto provenienti dalla chiesa di Sant'Ignazio di Gorizia entrati a far parte delle collezioni museali nel 1985.
Malni Pascoletti M., Schede, in Ori e tesori d'Europa. Mille anni di oreficeria nel Friuli-Venezia Giulia, Milano 1992
Malni Pascoletti M., Aureo Ottocento. La collezione di gioielli dei Musei Provinciali di Gorizia, Udine 1989
Collana oggi, La collana, oggi e nella storia, Milano 1993
Gioielli moda, Gioielli. Moda, magia, sentimento, Milano 1986
Gregorietti G., Oreficerie, in Museo Poldi Pezzoli. Orologi, oreficerie, Milano 1981
Breglia L., Catalogo delle oreficerie del Museo nazionale di Napoli, Roma 1941