a tergo sul basamento: U.IX – 1887
Lo scultore presenta, in dimensioni poco maggiori del vero, accademicamente composte in una struttura piramidale, due figure scalze, sedute sugli scalini sbrecciati, di un edificio non altrimenti descritto. Un vecchio, che si indovina cieco dall'espressione spenta del volto, appoggia il mento sul polso della mano destra abbandonata sopra un bastone. Indossa un paio di pantaloni al ginocchio e una camicia slacciata ai polsi; dalla sua spalla sinistra pende una giacca che si fregia di alcune decorazioni militari. Accanto a lui è posato un misero fagotto e sul suo ginocchio destro si accascia sfinita una giovane donna, in dimessi abiti contemporanei, che regge stancamente per la falda il cappello per gli oboli, appoggiato sulla larga pedana che rappresenta il terreno.
Il grande modello in gesso dipinto, ideato per una mai realizzata esecuzione definitiva in bronzo, riscosse un notevole successo alle esposizioni di Venezia (medaglia d'oro, 1887) e Monaco (medaglia d'oro, 1888); tanto che Federico III di Prussia, in occasione della rassegna veneziana, nella quale l'opera si trovava esposta insieme a Latro, Cristo tentato e A rimbalzello, chiese personalmente all'artista una foto del gruppo, intendendo acquistarlo per un ospizio di veterani a Berlino. L'operazione sfumò per il succedersi precipitoso di incoronazione (9 marzo 1888), malattia e morte (15 giugno 1888) dell'imperatore (cfr. Belisario... 1887; De Gubernatis 1889; Urbano Nono 1925). Nel verbale del Curatorio del Museo Revoltella di Trieste, in data 12 febbraio 1889, si trova scritto: «Il signor Venezian riferisce che [...] per mezzo del Cavalier Gugenheim di Venezia le venne proposto l'acquisto per il Museo [...] di un Gruppo modello in gesso dello scultore Urbano Nono di Venezia rappresentante Belisario pel prezzo di lire 2000. [...] Il Curatorio è in massima d'accordo per l'acquisto, ma trattandosi di un modello in gesso, si delibera di ritornare sull'argomento in una prossima seduta desiderandosi che siano presenti i signori Lunardelli e Marussig per prendere poi una definitiva deliberazione». Il verbale della successiva riunione del 5 marzo riporta: «Il signor avvocato Lunardelli e il signor Berlone si dichiarano contrari all'acquisto, ma dopo viva discussione e dietro proposta del signor Caprin il Curatorio delibera d'acquistarlo, sempreché si possa ottenerlo per il prezzo di lire 2.000 ricevuto in buon ordine in Trieste con le spese di nolo a carico del Museo, come per quelle che riguardano il collocamento del Gruppo. Il signor avvocato Venezian si incarica gentilmente di scrivere in proposito al cavalier Gugenheim onde sapere se realmente disponibile per lire 2.000 incaricandosi in questo caso il Conservatore (Alfredo Tominz) di recarsi in Venezia per visitare prima il Gruppo» (CMR, Verb. Cur. 1889, cc. 408-410). In una lettera autografa (CMR, Arch. Amm., 9.03.1889) indirizzata a Michelangelo Guggenheim in data 9 marzo 1889, Nono ribadisce la disponibilità a cedere l'opera a quel prezzo: sia per l'esigenza di sgomberare lo studio onde affrontare agevolmente la commissione fiorentina del Monumento a Daniele Manin, sia perché, come lui stesso dichiara, «mi sorriderebbe l'idea di vedere un mio lavoro ornamento del benemerito Istituto, decoro e vanto della colta e gentile Trieste». La tarda e infondata leggenda che vuole morto cieco e mendico il grande generale dell'imperatore Giustiniano vanta, in epoca moderna, notevoli rappresentazioni in letteratura, teatro, musica e poesia. Per quanto riguarda le "arti della visibilità" converrà ricordare, se non la prima apparizione del topos iconografico, dovuta a Van Dyck, almeno il famoso Date obulum Belisario di David. La novità dell'interpretazione di Nono sta nell'insistito realismo che gli consente di attualizzare il tema nel contesto della contemporaneità storica e sociale: «Urbano Nono ha applicato un titolo antico ad un soggetto moderno, ed il suo Belisario è un vecchio soldato della patria, che la patria, come suole avvenire tante volte, ha generosamente dimenticato» (Belisario ... 1887). La grave crisi economica che prostrava l'Italia postunitaria non poteva consentire di prestare la pur doverosa assistenza ai reduci e ai mutilati delle guerre d'indipendenza. Ecco perché il gruppo poté essere considerato «ad un tempo scuola di gratitudine e di patriottismo: satira mordace e tremenda. In quel vecchio miserabile, prode soldato dall'altri tempi, quando la patria aveva degli ideali e degli eroismi, è personificata la storia dolorosa di tanti infelici che l'Italia d'oggi, da essi redenta, dimentica nella più squallida indigenza» (Belisario 1887). Lo strenuo realismo dell'artista, che si manifesta nella condotta descrittiva dei particolari, giunge a utilizzare un calco delle medaglie originali dell'epoca risorgimentale per quelle da appuntare alla malconcia giacchetta appoggiata sulla spalla del veterano; per non dire dei pantaloni al ginocchio, abbigliamento consueto per i contadini poveri nel Veneto di secondo Ottocento, o dei "prussiani" calzati dal nostro Belisario. Va altresì segnalato come sia possibile, pure in subordine rispetto alla dominante realistica, avvertire la studiosa consuetudine dello scultore con le esperienze "classiciste" della plastica sette-ottocentesca italiana e veneta in particolare. L'utilizzo meditato delle fonti stilistiche "antiche" si fa più scoperto nell'ampio respiro compositivo del gruppo e nella condotta della figura femminile, tragicamente abbandonata sul ginocchio del reduce. Un disegno del gruppo, realizzato da S. Corà, venne pubblicato in occasione della mostra veneziana del 1887 (cfr. Urbano Nono 1887).
Drigo A., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004
Urbano Nono, Urbano Nono, in Il Gazzettino, 1925/11/15
De Gubernatis A., Dizionario degli artisti italiani viventi, pittori, scultori e architetti, Firenze 1889
Belisario, Belisario, in Illustrazione popolare artistica dell'Esposizione di Venezia 1887, 1887/11/24