Il dipinto sembra descrivere una figura stilizzata in una posizione che pare un pendolo.
Le influenze artistiche subite da Guido Antoni nel corso degli anni sono varie e vanno dalla pittura di Cézanne durante i primi anni Cinquanta alla materia grezza e informale di Riopelle e Fautrier, per poi approdare allo spazialismo di Lucio Fontana in una serie di opere che indagano il destino dell’uomo contemporaneo nell’esplorazione dello spazio cosmico. Spesso Antoni sviluppa percorsi paralleli, nell’incessante tentativo di maturare la propria personalità, che trova maggiore compiutezza a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta nella serie de La danza, di cui il presente dipinto fa parte. La pallida figuretta, piegata in un delicato inchino, si libra in uno spazio indefinito e onirico, che è spazio altro. L’uso del pennello è limitato dal ricorso a mascherature, retine e spaghi che creano raffinati effetti coloristici. Il motivo del lungo abito dalle pieghe filiformi, probabilmente realizzato tramite l'impronta lasciata da stracci impregnati di colore fresco oppure per assorbimento del colore di fondo, diventa unica caratterizzazione del mondo femminile. Essendo priva di un corpo, è il vestito a definire la donna. Già in "Piccola veranda" (seconda metà anni Sessanta) e "Alba lunare" (1967), si avverte la presenza femminile con la lunga gonna contorta, relegata in un angolo, misteriosa, con il volto oscurato, come se volesse celare all’osservatore la propria identità. Anche l'uso delle impronte di merletti e di altri tessuti trovano applicazione in questi primi esempi. La riproposizione quasi illusionistica della texture dei tessuti denota un vero e proprio interesse da parte di Antoni per la moda femminile, tanto da dedicarle il Ciclo della moda, realizzato su carta negli anni Ottanta e ricco di rimandi espliciti all'arte bizantina e all'Art Déco. Se negli anni Settanta, come nel presente dipinto, la danzatrice esprime un senso di grave drammaticità, impegnata in un ballo vorticoso, negli anni Ottanta sembra quasi diventare l’elemento decorativo principe di una serie di segni imperscrutabili. Spesso la direzione che prende un quadro può essere in parte dettata da una sorta di automatismo, come l’artista stesso spiega: «quando mi pongo innanzi al foglio bianco, non so cosa potrà accadere»; pur partendo da un presupposto, «lascio che la mano vada, che mi indichi in un certo qual senso la via per approdare al risultato finale. Non ho mai preconcetti sull’uso del colore o su quello delle forme. Controllo sempre la struttura, questo sì, ma lascio che parte non lieve sia affidata ai registri inconsci del mio essere. Al contempo sto all’erta con il mio versante razionale, capace di codificare gli impulsi e gli stimoli datimi dal mio emisfero emotivo creativo» (Guido Antoni: mostra antologica nel novantesimo dalla nascita, catalogo della mostra tenuta a Muggia, 18 dicembre 2009 – 31 gennaio 2010, Cormòns 2009, pp. 24-25). (A cura di Matteo Colovatti, 2017).
Guido Antoni Mostra, Guido Antoni. Mostra antologica nel novantesimo della nascita, Muggia (TS) 2009