Il dipinto raffigura sullo sfondo di un paesaggio Coriolano che abbraccia la madre Veturia, la quale lo prega di risparmiare Roma. Sulla destra dei soldati in armatura, sulla sinistra una donna piangente seduta con in grembo un bambino e dietro a lei un gruppo di donne in piedi.
Il piccolo dipinto fu acquistato dalla collezione di Pietro Mentasti nel 1955 con un'attribuzione alla bottega di Bonifacio de' Pitati detto Bonifacio Veronese (Verona 1487 ca - Venezia 1553), confermata di recente anche da Finocchi Ghersi (2001) che pone la tela al quinto decennio del Cinquecento, data la forte consonanza stilistica che egli ravvisa tra l'opera e quattro pannelli decorativi con le Storie di Enea, pubblicati da Sgarbi (1981, cit. in Finocchi Ghersi 2001) come autografi di Bonifacio e databili ai primi anni quaranta del secolo. E' merito di Finocchi Ghersi l'aver precisato il corretto soggetto del dipinto, grazie al confronto con una tela attribuita a Bonifacio comparsa sul mercato antiquario americano nel 1987, che raffigura una scena del tutto simile a questa in esame e che è intitolata Coriolano convinto dalla madre e da sua moglie a desistere dall'assedio di Roma. Nell'opera triestina infatti si vede al centro Coriolano di spalle che abbraccia una figura femminile (e non maschile come finora supposto) riconoscibile nella madre, mentre a destra c'è la moglie piangente con il bambino in grembo. Lo studioso ipotizza che la tela non sia il supporto originale del dipinto, che in origine avrebbe potuto essere anche di legno, considerato il carattere ornamentale della piccola scena e la sua probabile appartenenza ad una mobilia. Del resto si sa da Carlo Ridolfi (Le maraviglie dell'arte, Venezia 1648) come "historie sacre e profane" di mano di Bonifacio e bottega ornassero "recinti di letto, casse, e simili cose".
Finocchi Ghersi L., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001