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Piviale confezionato con due tessuti differenti. Il primo compone, mediante cinque frammenti, il mantello e lo scudo, il secondo lo stolone. E’ rifinito con un gallone in seta gialla e oro filato cucito a macchina recante un decoro composto da due foglie affrontate che culminano al centro in un fiorellino con andamento opposto. Frangia di profilatura in oro filato su anima di seta naturale. Nella parte inferiore degli stoloni è riportato lo stemma ricamato con seta policroma, oro filato e riccio raffigurante un cammello bianco in campo azzurro sormontato da tre stelle. Il cappuccio è ancorato allo stolone mediante tre bottoni di legno rivestiti con oro filato e lamellare. Fodera in diagonale marrone di cotone cucita a macchina. Due ganci a forma di conchiglia in argento sono posti a chiusura.
Entrambi i tessuti sono realizzati con telai meccanici; la stoffa damascata è un esempio delle numerose varianti elaborate nel corso dell’Ottocento che richiamano gli stilemi di ispirazione settecentesca. La qualità modesta del tessuto identifica una produzione corsiva presente anche in ambito locale dalla metà dell’Ottocento alla metà del Novecento. Si tratta della riproposizione di un paramento liturgico menzionato tra quelli lasciati dal sacerdote Giovanni Battista Gobbis o De Gobbis nativo di Bressa, Campoformido e pievano di Gemona dal 1726 al 1739, anno della sua morte. La citazione riporta che il sacerdote lasciò “alla chiesa di Gemona un paramento di damasco nero su cui vedesi ricamato il suo stemma (cammello bianco su campo azzurro sormontato da tre stelle d’oro”. Di tale paramento ci è rimasto solo lo stemma, riportato sullo stolone del piviale e su altri elementi del parato.
Drusin N. / Merluzzi F. / Patat P., Catalogo delle opere, in Il duomo di Santa Maria Assunta di Gemona, Udine 1987
Vale G., I pievani e gli arcipreti di Gemona, Udine 1901