retro, telaio del dipinto: Trenkwald pinxit
La stesura piatta e uniforme e la linea dell'orizzonte che quasi scompare nel passaggio tra cielo, terra e mare contribuiscono a un senso di astrazione, a un'angosciante sensazione di infinito in cui l'occhio spazia sgomento cercando di penetrarne il mistero. Solo il cielo, vasto e luminoso, solcato da nubi vibranti e vaporose, sembra suggerire una vaga idea di movimento, spezzando la quieta immobilità che pervade il dipinto.
L'attribuzione di questo essenziale paesaggio al pittore praghese Josef Marhias Trenkwald è resa possibile dall'iscrizione a penna "Trenkwald pinxit", chiaramente leggibile sul telaio nel retro del dipinto. Nella stessa posizione, un talloncino scritto in tedesco e in parte strappato, ci informa che nel 1898 l'opera fu esibita all'esposizione annuale di una società di belle arti. Forse proprio in tale occasione il dipinto entrò a far parte delle collezioni Coronini. Il richiamo alla tradizione del romanticismo tedesco riscontrabile nell'opera sembra trovare il proprio modello nei paesaggi stilizzati e rarefatti di Caspar David Friedrich. Come nelle opere dell'artista tedesco, lo spazio che Trenkwald rappresenta appare privo di compiacimenti descrittivi, di elementi concreti e familiari capaci di conferire nell'immagine una qualche veridicità topografica. Perché quello ritratto non è un luogo reale, ma una proiezione che nasce dall'animo stesso dell'artista, dalle sue pulsioni interne, che spogliano la natura di ogni orpello restituendone una visione essenziale e "sublime", ma allo stesso tempo inquietante e malinconica. Il fatto l'artista fosse noto in ambito locale, dato che nel 1866 era stato attivo a Trieste dove aveva realizzato la decorazione della chiesa di San Pasquale Baylon, potrebbe giustificare l'acquisto di una sua opera da parte dei Coronini.
Bragaglia Venuti C., Schede, in Paesaggi e vedute, Gorizia/ Torino 2003