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La scena è ambientata sul monte La Verna. La composizione vede in primo piano san Francesco vestito con un saio, disteso a terra e sorretto da un angelo inginocchiato alle sue spalle che lo guarda con estrema tenerezza. Nella parte inferiore del dipinto scorgiamo l’esecuzione di un’accurata rappresentazione di erbe e fiori. Sullo sfondo, in secondo piano, s’intravede la figura accovacciata di frate Leone e un gruppetto di pastori attorno ad un fuoco. In lontananza, si delinea il paesaggio appena rischiarato da strisce orizzontali di luce che interrompono l’oscurità della notte. Le figure in primo piano sono invece illuminate da una luce intensa proveniente da sinistra e che si diffonde su tutta la figura del santo e su alcuni particolari dell’angelo che sembrano emergere dall’oscurità: la spalla coperta dal drappo bianco, parte del volto e il ginocchio. Il dipinto dalle tonalità dei marroni e degli ocra è strutturato nella semplice costruzione di diagonali incrociate e dal forte contrasto di luci e ombre.
Quest’opera presenta inoltre alcune problematiche dal punto di vista della paternità caravaggesca. Di questo soggetto se ne conoscono infatti cinque copie di cui la critica è quasi del tutto concorde ad attribuire l’originale ad un analogo dipinto conservato ad Hartofd proveniente da Malta e con ogni probabilità appartenuta al del Monte. Il dipinto di Udine pare invece esser appartenuto al banchiere ligure Ottavio Costa che in un testamento del 1606 lo lasciò in dono all’amico reverendo Ruggero Tritonio di Udine, abate di Pinerolo, citando un dipinto avente come soggetto S. Francesco. Non è tuttavia specificato l’autore. Nel testamento che fece invece l’anno dopo l’abate al nipote omonimo, viene esplicitamente citata l’opera con attribuzione al Caravaggio definito “celeberrimo pictori”. In seguito per via ereditaria il dipinto passò alla famiglia friulana dei conti Fistulario e nel 1852 il conte Francesco, lo donò al parroco della chiesa di S. Giacomo di Fagagna con tanto di copia del testamento Tritonio. Lì rimase esposto, venne restaurato nel 1854 ad opera del pittore-fotografo Giuseppe Malignani, ma le condizioni della tela risultarono in cattive condizioni già una ventina d’anni dopo quando il Cavalcaselle, incaricato di redigere l’inventario delle opere d’arte del Friuli, si accorse dello stato di conservazione precario e soprattutto delle estese ridipinture. Per questo motivo l’allora soprintendente ne ordinò nel 1912 il deposito presso i Civici Musei di Udine dove attualmente è esposto al pubblico. Proprio a causa della superficie estesamente ridipinta non è possibile affermare con certezza l’autografia caravaggesca anche se la documentazione del Tritonio, pressoché coeva al maestro lombardo, sembrerebbe testimonianza inoppugnabile. Tuttavia pare opportuno mantenere qualche riserva in attesa di un approfondito restauro e di relative indagini scientifiche (BERGAMINI 2002, p. 152).
Bergamini G., Schede, in La Galleria d'Arte Antica dei Civici Musei di Udine. Dipinti dal XIV alla metà del XVII secolo, Vicenza 2002, I