in basso a sinistra: Strata. f. / 1852
retro: 7386/R/2.61/Stratta Trieste
Giovanni Nepomuceno Favetti ritratto a mezzo busto ripreso di spalla, con la testa girata verso lo spettatore, indossa un mantello verde cupo con i risvolti neri. Al collo della camicia bianca sottostante è annodata con un fiocco la cravatta nera. Sul petto è appuntato un mazzolino di fiori bianchi, rossi e verde. La mano sinistra, infilata in un guanto di pelle rotto, regge un foglietto bianco. Il volto è caratterizzato da penetranti occhi azzurri, barba a pizzo, baffi e lunghi favoriti castani. Nel nastro del cappello nero a tesa larga che il personaggio porta sul capo sono infilate tre carte: il tre di bastoni, il tre di coppe e il tre di spade.
"Ritrattista vigoroso e spigliato"(Cossar 1948), Annibale Strata firmò e datò nel 1852 la tela di cui si tratta lasciandoci con essa l’effigie di uno dei più noti patrioti goriziani: Giovanni Nepomuceno Favetti (1823-1868), fratello minore di Carlo, meglio conosciuto con il soprannome di “Mago”. Sul fondo neutro del dipinto si delinea la figura del ritrattato, avvolto in un pesante mantello nero e con un cappello in testa sulla cui falda spiccano tre carte da gioco. Sul bavero è appuntata una coccarda tricolore in riferimento all’impegno filoitaliano da lui profuso nel periodo risorgimentale. Personalità di spicco del partito liberale, fu tra i maggiori sostenitori del fratello Carlo; quando, nel 1861, questi fu costretto a rinunciare alla carica di Podestà di Gorizia nonostante fosse stato regolarmente eletto, Giovanni Nepomuceno partecipò alla manifestazione in suo favore venendo arrestato e dovendo in seguito scontare un mese di carcere. Nel 1863 fu nuovamente condannato a otto mesi di reclusione con l’accusa di aver preso parte ad una dimostrazione pubblica in favore di Giuseppe Garibaldi, mentre tre anni più tardi, coinvolto nell’indagine della polizia sui legami tra Carlo Favetti e gli esponenti dell’emigrazione politica veneta e istriana, fu imprigionato e deportato in Ungheria. Morì nell’aprile del 1868 e i suoi funerali, celebrati nel capoluogo isontino, divennero il pretesto per una manifestazione antiaustriaca (S. CAVAZZA, Favetti, Carlo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol XLV, Roma 1995, pp. 458-461). Il ritratto che egli si fece eseguire da Annibale Strata testimonia i rapporti di amicizia intercorsi tra i due in riferimento al comune impegno patriottico. Il pittore, infatti, dopo aver compiuto i propri studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, si era fermato tra le lagune partecipando ai moti che tra il 1848 e il 1849 avevano sconvolto la città, assediata dagli austriaci. Quest’esperienza aveva lasciato segni profondi in lui e nelle sue convinzioni politiche tanto che, interpellato dalla contessa Enrichetta Larisch-Mönich per realizzare un dipinto a sfondo patriottico, le inviò un Volontario italiano in partenza per la riscossa. Forte dei suoi legami con gli ambienti liberali goriziani, Strata portò a compimento i ritratti della maggior parte dei patrioti giuliani e, nel 1860, di comune accordo con alcuni di essi, ideò alcuni quadri a soggetto sacro da collocare in diverse chiese del Collio in cui san Giuseppe appariva con le sembianze di Garibaldi, nel tentativo di diffondere l’effigie ed il pensiero dell’Eroe dei due Mondi anche negli ambienti rurali e conservatori del retroterra isontino. Trasferitosi a Trieste, il pittore aveva continuato ad impegnarsi sul versante irredentista tanto da suscitare le ire del governo che lo costrinse ad emigrare a Milano dove morì nel 1894. (GRANSINIGH 2007, p. 100)
Gransinigh V., Schede, in La Pinacoteca dei Musei Provinciali di Gorizia, Vicenza 2007
Tavano S., Gorizia e il mondo di ieri, Udine 1991
Tavano S., Con Venezia e con Vienna, in Studi goriziani, Gorizia 1985, LXI
Tavano S., Gorizia. Storia e arte, Reana del Rojale (UD) 1981
Cossar R.M., Storia dell'arte e dell'artigianato in Gorizia, Pordenone 1948