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Il dipinto raffigura Artemisia, effigiata con la corona sul capo e vestita di abiti sontuosi, con una coppa nella mano destra dalla quale si appresta a bere le ceneri disciolte nel liquido dell'amato marito e fratello Mausolo. Sullo sfondo a sinistra si scorge il grandioso monumento commemorativo fatto erigere da Artemisia ad Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico, che dal defunto prese il nome di Mausoleo. Sul tavolo posto sulla destra, coperto da una pesante tovaglia rossa, è appoggiata l'urna funeraria, presso la quale due ancelle sono colte in conversazione. In primo piano davanti al tavolo sono appoggiati un grande vaso dorato e un vassoio.
Nella prima redazione della scheda di catalogo l'opera è stata attribuita a scuola bolognese del XVII secolo dalla Malni, che sottolineava la difficoltà di interpretare il soggetto raffigurato. Nel 2010 Vittorio Sgarbi, in una comunicazione orale al personale dei Musei Provinciali, ha suggerito il nome di Giovanni Bilivert (Firenze 1585-1644), mentre in occasione di una prima presentazione del restauro cui la tela è stata sottoposta presso il laboratorio della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Udine, oltre a ribadire l'assegnazione ad ambito fiorentino del dipinto, è stata anche chiarita la sua iconografia. Spetta ad Alessandro Quinzi l'individuazione della dipendenza dal dipinto tradotto in incisione su disegno di Jean Baptiste Joseph Wicar e pubblicato nel secondo volume dell'opera "Tableaux, statues, bas-reliefs, et camées de la Galérie de Florence et du Palais Pitti, dessinés par Wicar, peintre et gravés sous la direction de C. L. Masquelier; avec les explications par Mongez, membre de l'Institut de France", edita in 4 volumi a Parigi tra 1789-1814. Nel repertorio delle Stampe di Traduzione, consultabile on line e curato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa - Laboratorio delle arti visive, l'iscrizione "Paint par Corado.", presente sulla stampa, è stata interpretata come un riferimento a Corrado Giaquinto (Molfetta 1703-Napoli 1765) indicato quale autore dell'opera riprodotta. Si tratta invece di un dipinto eseguito da Francesco Curradi tra 1623 e 1625 per la sala delle udienze della villa di Poggio Imperiale, ora nella villa della Petraia a Firenze. Ne sono state individuate due repliche nell'Uster Museum di Belfast (pubblicata da Cantelli, 1983) e nei depositi del Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto a Firenze, già Monastero di San Michele in San Salvi (cfr. scheda MiBAC NCT 09 00037782). Rispetto al prototipo l'opera goriziana presenta una minore estensione sulla sinistra, dove si scorge una porzione ridotta del mausoleo, e l'aggiunta del particolare del vaso e del vassoio in primo piano sulla destra.
Cossar R.M., Storia dell'arte e dell'artigianato in Gorizia, Pordenone 1948
Caterina e Maria, Caterina e Maria de' Medici: donne al potere. Firenze celebra il mito i due regine di Francia, Firenze 2008
Trezzani L., Curradi, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1985, 31
Cantelli G., Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983