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recto, in basso a sinistra: M · S · Lifebre
sul verso, in basso a destra: 030 [?]
In alto, fra le nubi, splende un largo sole nel quale si riconosce un volto divino; poco più sotto plana un angelo recante nella mano sinistra la corona del martirio, nella destra la palma. A terra, in piedi sulla sinistra, è il carnefice nell’atto di vibrare il ferale colpo, sulla destra invece sta inginocchiato a mani giunte San Paolo, volto rivolto al cielo mentre attende il martirio, preannunciato dal luminoso nimbo attorno al capo. Fra le due figure un’armatura e un elmo, all’estrema destra è abbozzato un fiore.
Il disegno è attribuibile a Valentin Lefèvre. Sul recto, in basso a sinistra, è presente la stessa iscrizione indicante l’autore che troviamo anche sull’altro foglio assegnato a questo autore (Madonna con Bambino, i Santi Pietro e Domenico e il donatore di fronte a un’effigie), anch’esso parte della collezione dei Musei Civici di Udine e qui catalogato. Il disegno è evidentemente una copia dalla Decollazione di San Paolo del Tintoretto, conservata a Venezia (chiesa della Madonna dell’Orto; PALLUCCHINI, ROSSI, 1982, v. I, p. 16). L’intera opera del Lefèvre è segnata dal rapporto con Venezia e con i gloriosi protagonisti del suo passato: lo stile, sia pittorico che grafico, le composizioni ed i modi del fiammingo risentono della visione dei grandi maestri del ‘500 veneziano, in particolar modo Tiziano e Veronese, ma anche Tintoretto. Delle opere di questi artisti il Lefèvre trasse moltissime copie grafiche, più o meno pedisseque, ma che si contraddistinguono per qualità e attenzione, la gran parte preparatorie per la trasposizione a stampa. Perlopiù acqueforti, una parte di queste stampe, citate anche nel testamento dell’artista (STEFANI MANTOVANELLI, 2001, p. 69; MAGRINI, 2001, p. 421), confluirono successivamente nella sua opera più celebre, ovvero la raccolta di una cinquantina d’incisioni, pubblicata postuma nel 1682 e intitolata Opera Selectiora… (od Opera Excellentiora). Non vi è molta chiarezza attorno alla genesi e pubblicazione di tale selezione, che venne impostata ex post da un tale Giacomo Van Campen (RUGGERI, 2001, pp. 14, 19, 48-51). Quello che però in questa sede può risultare rilevante è che, oltre alle incisioni ispirate a Veronese e Tiziano, che sono la gran parte, ne furono incluse tre ispirate a opere di Tintoretto (RUGGERI, 2001, pp. 49, 225,226). Il Lefèvre morì prematuramente quando stava ancora lavorando, presumibilmente, a questa notevole raccolta (RUGGERI, 2001, p. 14); ipotizzando che si stesse occupando proprio della sezione riguardante il Robusti, come indicherebbero le tre incisioni rimasteci, si potrebbe dar ragione del nostro disegno nel più ampio contesto di quest’opera. Suffragherebbe tale supposizione anche il considerevole numero di disegni derivati dall’opera del Tintoretto (si v. RUGGERI, 2001), presenti nel corpus grafico dell’artista. Questa suggestione ci fornirebbe anche una direzione più precisa per quanto riguarda la datazione, che sarebbe dunque da spostare verso gli ultimi anni dell’artista. Per quanto concerne la tecnica grafica, rilevo anche qui l’uso di sanguigna e di un inchiostro che potrebbe essere bistro (come nel caso della Madonna col Bambino…). Ad un confronto con quest’ultima, inoltre, si può ravvisare una certa uniformità stilistica che coinvolge le caratteristiche principali della grafica del Lefèvre: ombreggiature aderenti alle linee principali, monumentalità delle figure, panneggi prolissi; anche il ductus nell’insieme è accostabile ma, nel caso qui in questione, lo stile riesce più leggero, meno solido e delineato. È inoltre interessante notare come questi ultimi caratteri, si possano ritrovare nella produzione grafica dell’artista funzionale alle stampe (RUGGERI, 2001, p. 44). Infine, fra i diversi disegni che il Lefèvre produsse guardando a Tintoretto, risulta dirimente l’Apparizione della Croce a San Pietro di Firenze (Uffizi). Il disegno, infatti, copia l’omonimo dipinto che sta assieme a quello rappresentato nel nostro disegno, nell’abside della chiesa veneziana della Madonna dell’Orto (RUGGERI, 2201, p. 145; PALLUCCHINI, ROSSI, 1982, v. I, p. 165). Oltre a questo considerevole dato, i due disegni condividono anche la tipologia grafica degli angeli – affinità che si deve in parte, ovviamente, alla natura comune dell’autore dei dipinti, ma che risulta decisamente stringente anche da un punto di vista puramente grafico. Anche ad uno sguardo generale, comunque, fra i due disegni, sebbene quello fiorentino presenti una maggiore finitezza, sussiste un’affinità formale (ad es. nelle linee di costruzione delle figure, nel trattamento delle nubi e nell’uso della luce su queste e sui panneggi), la quale travalica quanto suddetto rispetto ai caratteri comuni dello stile grafico del Lefèvre, andando piuttosto a configurarsi come una convergenza stilistica peculiare di due opere generate nello stesso contesto ed in un medesimo periodo.
Magrini M., Documenti per "Fiorentino detto Valentino" Lefèvre, in Per l’arte. Da Venezia all’Europa. Studi in onore di Giuseppe Maria Pilo. 2. Da Rubens al contemporaneo, Monfalcone / Gorizia 2001, n. 8, v. 2
Ruggeri U., Valentin Lefèvre, Manerba (RE) 2001
Pallucchini R./ Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Milano 1982, 2