Ritratto maschile a mezzobusto volto verso destra. Indossa un abito scuro, camicia bianca e cravatta nera. Porta gli occhiali e i baffi. Lo sfondo è scuro e indefinito.
Dal fondo scuro del dipinto emerge la figura a mezzo busto di un uomo, individuata da un fascio di luce trasversale che, riflettendosi sul colletto della camicia, ne illumina i tratti somatici: il naso importante, lo sguardo acuto appena velato dalle lenti degli occhiali, la fronte alta e stempiata. Il ritratto è pervenuto alla sede attuale, per acquisto, nel 1989 provenendo dalla collezione della pittrice Magda Springer, allieva, amica, nonché ultima musa ispiratrice dell’artista. Purtroppo non esistono informazioni che ci consentano di conoscere l’identità dell’effigiato o la precisa data d’esecuzione dell’opera che la critica appare concorde nel ritenere realizzata tra il 1922 e il 1924, in parallelo con le prime partecipazioni di Parin alle Biennali veneziane. A quell’epoca egli aveva ormai raggiunto la propria maturità artistica, impostata su una prima formazione avvenuta nella città giuliana con il pittore veronese Gerolamo Navarra e il triestino Eugenio Scomparini. Su questi esordi si erano, in seguito, innestati gli studi regolarmente portati a compimento, a partire dal 1895, presso l’Accademia di Belle Arti di Monaco con Karl Raupp. Agli inizi del Novecento aveva aderito alla Münchener Künstler Genossenschaft del capoluogo bavarese partecipando a numerose esposizioni organizzate nel Glaspalast, alle quali presenzierà almeno fino al 1922. In quello stesso anno si colloca anche la sua prima partecipazione alla Biennale veneziana, replicata all’edizione successiva del 1924. All’epoca, nel generale clima di “ritorno all’ordine” seguito al termine della prima guerra mondiale, la cultura figurativa italiana ed europea andavano orientandosi verso il recupero di valori formali che, nel nostro Paese, sarebbero presto confluiti nell’esperienza dei pittori aderenti al movimento di Novecento, patrocinato criticamente da Margherita Sarfatti ed inaugurato ufficialmente proprio alla Biennale del 1924. Anche nella pittura di Parin sembra di cogliere un’eco di tale situazione complessiva: la resa luministica dell’immagine, infatti, viene piegata, in quel periodo, all’esigenza funzionale del chiaroscuro che appare finalizzato ad evidenziare la solidità dei volumi e il peso delle masse. L’opera in questione evidenzia caratteristiche che permettono di collocarne cronologicamente la realizzazione in questo arco di tempo a cui appartiene anche l’Autoritratto del 1925 (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) che può essere significativamente accostato al dipinto goriziano per risultanze stilistiche e compositive. (GRANSINIGH 2007, p. 196)
Gransinigh V., Schede, in La Pinacoteca dei Musei Provinciali di Gorizia, Vicenza 2007
Ragazzoni C., Gino Parin, Trieste 2003, 5
Simbolismo Secessione, Simbolismo Secessione. Jettmar ai confini dell’Impero, Gorizia 1992