in basso a destra: Wie sieht’s?
angolo inferiore destro: Käthe Kruse
verso, margine sinistro, in verticale: Wohlgemuth & Lissner, Kunstverlagsgesellschaft m.b.H., Berlin
verso, margine sinistro, in verticale: “Feldgraue Puppen von Käthe Kruse” / 6 Darstellungen.
verso, margine sinistro, in verticale: GES. GESCH. No 1081
verso, in alto al centro: Primus / Postkarte
verso, in alto a sinistra: 1718
verso, in basso a destra: A|415
Käthe Kruse, il cui nome si legge nell’angolo della cartolina, legò il proprio nome alla produzione di bambole che ebbero un grande successo fin dai primi decenni del Novecento per la loro naturalezza e somiglianza con i bambini veri. Luigi Ambrosini, giornalista inviato del quotidiano “La Stampa” in Germania prima dell’ingresso dell’Italia nel conflitto, le vide esposte nel marzo del 1915 alla grande fiera internazionale di Lipsia. “Ci soffermiamo dinanzi ai modelli stupendi delle bambole di Käthe Kruse, l’artista di fama mondiale. Quest’anno Käthe si è specializzato [sic] nelle bambole di guerra, ha lanciato in commercio i suoi magnifici soldati snodati che possono prendere tutte le posizioni, fare tutti i movimenti della persona viva. Si gioca anche con la guerra; si produce con un soldato meccanico una specie di siero immunizzatore della paura, del ribrezzo della guerra, della lotta, del corpo a corpo. Si lavora a vaccinare i ragazzi di sei, di sette, otto anni contro l’epidemia pacifista” (Ambrosini 1915, p. 82). Per servire la propaganda bellica, le bambole vestite da soldato di Käthe Kruse divennero allora anche le protagoniste di una serie di cartoline che inscenano quadretti di vita militare, contribuendo in questo modo a familiarizzare i bambini con la guerra e, per il pubblico adulto, a minimizzare le conseguenze del conflitto o banalizzarne alcuni aspetti attraverso immagini rassicuranti.
Ambrosini L., Un mese in Germania durante la guerra, Milano 1915