La grotta delle Gallerie è una delle cavità del Carso triestino che, dalla fine dell’Ottocento, ha attirato maggiormente l’attenzione non solo di archeologi professionisti e di speleologi, ma anche di semplici appassionati. Si tratta di una grotta a sviluppo quasi orizzontale, che dall’ampio vestibolo si divide in due rami principali, tortuosi e angusti, per una superficie totale di circa 450 mq; le diverse esplorazioni archeologiche qui effettuate (molte delle quali abusive) hanno permesso di chiarire l’articolata struttura del complesso, che si collega ad altri pozzi e cunicoli vicini. Oggetto di indagini più approfondite sono stati il vestibolo e il ramo occidentale. Il primo intervento, ad opera di Carlo Marchesetti, risale al 1890, ma i materiali di questo scavo sono probabilmente dispersi. Seguirono nei primi decenni del Novecento gli scavi di R. Battaglia (documentati da una pianta elaborata dallo stesso) e di E. Neumann, poi quelli di A.M. Radmilli e F. Stradi, nel 1937-1938, la breve campagna di M. Jurca negli anni 1952-1953, e le esplorazioni di D. Cannarella nelle annate 1954-1955. Del 1959 sono gli interventi del Gruppo Grotte S. Giusto e del 1975 quelli del Centro Studi Carsici. I materiali rivenuti da Battaglia (1913-1914) sembrano indicare un orizzonte neolitico, con due scodelle lobate e tre pintadere. Gli elementi con trattamento della superficie a Besenstrich paiono riferirsi al tardo Neolitico e all’Eneolitico. Le scodelle qui trovate, decorate con motivi lineari o curvilinei o a festone resi a graffito, si collegano ai contesti adriatici di Danilo o anche Hvar, comunque del Neolitico medio-recente. Le scodelle col lobo sull’orlo sono simili a esemplari rinvenuti in siti della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: a simili contesti, nella fase tarda di tale Cultura, pare rimandare un boccale/tazza, che presenta una decorazione a chicchi di grano. Tuttavia, questo reperto appare molto simile anche a materiali della Cultura di Lasinja del IV millennio (BETIC 2013). La grotta delle Gallerie risulta essere il sito ove il trattamento a Besenstrich è meglio documentato. Nei primi scavi emersero anche esemplari di scodelle carenate attribuibili al Bronzo medio o recente (Cardarelli 1983). Una scodella emisferica decorata a Besenstrich è tornata alla luce dirante gli scavi Radmilli-Stradi: questo esemplare sembra del tutto simile a uno rinvenuto nella grotta degli Zingari. La documentazione relativa agli scavi successivi non permette di ricostruire le modalità degli interventi, che si possono solo collocare nei settori principali della grotta (GILLI, MONTAGNARI 1994). Molti reperti di questi interventi testimoniano, comunque, un orizzonte del Neolitico antico dei Vasi a Coppa piuttosto cospicuo, comprendente anche dei frammenti di Rhyton. Elementi a decorazione graffita e un piatto troncoconico ad orlo ispessito rimandano ad un momento successivo del Neolitico. La maggior parte dei recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto, molti dei quali decorati a Besenstrich, sono da inquadrare in contesti tardo neolitici-eneolitici, anche se la tecnica compare già dal Neolitico (CRISMANI, MONTAGNARI KOKELJ 1996). In questi scavi sono pochi gli elementi più recenti. Grosso modo lo stesso quadro emerge dagli scavi Jurca, con l’unica eccezione di alcuni boccali o tazze, forse ascrivibili al Bronzo antico o medio. Gli scavi Cannarella-Valles hanno restituito esigui reperti del Neolitico antico, ma un più grande numero di recipienti riconducibili a contesti ancora una volta tardo neolitico-eneolitici. Pochi gli elementi, anche qui, posteriori. Gli scavi del Gruppo Studi Carsici portarono alla luce una serie di materiali del gruppo riferibile ai Vasi a Coppa, quindi non solo recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta, ma anche scodelle troncoconiche, grandi scodelle carenate, varie bugne forate e fondi a peduccio. Furono ritrovati anche altri frammenti di vasi a bocca quadrata e scodelle con appendice lobata. In una fase successiva si datano i recipienti con la superficie trattata a Besenstrich, mentre due recipienti profondi a collo potrebbero essere datati dal tardo Eneolitico al Bronzo antico. Episodi di frequentazione sporadica sono testimoniati da alcuni orli di olle medioevali rinvenute dal Battaglia, databili forse al XIV-XV secolo d.C.
La qualità spesso non buona dei dati di scavo rende difficoltosa l’analisi dei dati. Allo stesso modo, anche quando sono presenti dati stratigrafici, essi risultano problematici e, in definitiva, incerti. Allo stadio attuale delle conoscenze, non è possibile avanzare ricostruzioni riguardanti l'utilizzo della grotta che vadano oltre le mere ipotesi, né spiegare la presenza di tanti elementi non locali. Considerando complessivamente l’orizzonte cronologico coperto dai materiali, in particolare da come emerge dagli scavi di F. Stradi, i tipi ceramici coprono un periodo compreso tra il Neolitico dei Vasi a Coppa e sino alle prime fasi dell’età del Bronzo, anche se un numero esiguo di reperti si può datare sino alla prima età del Ferro. Va quindi segnalato che gli elementi più tardi, inquadrabili cioè dal Bronzo medio in poi, sono assolutamente esigui. Se appaiono chiari i riferimenti cronologico-culturali degli elementi del Neolitico del Carso, noto come Gruppo dei Vasi a Coppa, e i suoi rapporti col Neolitico dalmata della Cultura di Danilo, le evoluzioni successive del Neolitico nell’area appaiono ancora poco chiare. Tutti gli elementi tipici del Gruppo dei Vasi a Coppa sono rappresentati nella grotta delle Gallerie, con alcune particolarità, come le incisioni riempite di materia colorante bianca, che rafforzano i collegamenti con Danilo. Sono comunque presenti forme di lunga durata, come le scodelle carenate, che si possono mettere in rapporto con Danilo ma anche con Hvar. Gli elementi decorati a graffito si suddividono tra quelli riconducibili a Danilo (motivi geometrico-lineari), e quelli a Hvar (motivi a festone o curvilinei). Un momento successivo del Neolitico è testimoniato anche dai frammenti di scodelle a bocca quadrata, dalle scodelle con lobo sopraelevato, dai coperchi a sezione conica e, in parte, dalle stesse pintadere, che trovano molti confronti in Italia settentrionale, oltre ad essere comuni in area balcanica. I pochi elementi di tipo Lagozza sono da ricondurre sempre al Neolitico medio-recente dell’Italia settentrionale. Questi elementi non sono molto frequenti nel Carso triestino, il che rende la grotta delle Gallerie importante per tracciare un quadro della frequentazione dell’area lungo il Neolitico, nel caso specifico dalla metà del VII millenio BP agli inizi del V BP. Dal tardo Neolitico fanno la loro comparsa i recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto, che in Italia settentrionale sono per altro attestati sino al Bronzo antico. In questa cavità è emerso il più grande numero di frammenti con le pareti decorate a Besenstrich, che si trova non solo sui recipienti suddetti, ma anche su altre forme. A livello di ipotesi si è avanzata la proposta che questa tecnica sia, dal punto di vista cronologico, più antica dell’ambito di Lubiana (GILLI, MONTAGNARI 1994). Essa comunque è attestata in regioni orientali, sino all’Ungheria, in contesti di poco più tardi, ma anche nella penisola italiana, lungo il corso dell’Eneolitico. Tuttavia, la comparsa di decorazione a Besenstrich anche su Vasi a Coppa nella Grotta del Mitreo, presso Duino Aurisina, in uno strato ben documentato e con attribuzioni certe come lo Strato 8, ha portato a retrodatare la comparsa della tecnica.
Gilli E./ Montagnari Kokelj E., La Grotta delle Gallerie nel Carso triestino, in Atti della Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli Venezia Giulia, Trieste 1994, VIII
AA.VV., La grotta delle Gallerie, 420VG, Trieste 1993
Cannarella D./ Gerdina A./ Keber L., Scavi nella grotta delle Gallerie di Val Rosandra, in Atti della Società per la Preistoria e la Protostoria del Friuli Venezia Giulia, Trieste 1973-1974, II
Valles A., Le pintadere della grotta delle Gallerie (Parte terza), in Alpi Giulie, Trieste 1964, n. 59
Valles A., Le pintadere della grotta delle Gallerie (Parte seconda), in Alpi Giulie, Trieste 1959, n. 55
Cannarella D., Descrizione delle ceramiche preistoriche rinvenute nella grotte delle Gallerie in Val Rosandra - Scavi 1954-1955, in La porta Orientale, Trieste 1959, XXIX, n. 3-4
Valles A., Le pintadere della grotta delle Gallerie (Parte prima), in Alpi Giulie, Trieste 1957, n. 54
Battaglia R., La grotta delle Gallerie in Val Rosandra, in Alpi Giulie, Trieste 1920, XXII, n.1