La grotta n. 3896 del Catasto Venezia Giulia, nota come grotta degli Zingari, si trova nel comune di Sgonico, nei pressi di Borgo Grotta Gigante: essa si apre a 285 metri s.l.m. in una piccola dolina di crollo con l’apertura rivolta a nord-ovest. Dall’apertura, larga appena 3 metri per 2, si accede ad una sala principale e ad una cavernetta situata oltre la parete di fondo, nascosta - prima degli interventi di scavo - da concrezioni. La cavità è stata oggetto di indagini, tra il 1961 e il 1965, da parte del Gruppo Ricerche di Paleontologia Umana dell’Associazione XXX Ottobre, sotto la direzione di di G. Marzolini, con la rimessa in luce di un deposito della potenza di 2 metri, con una sequenza stratigrafica che va, senza apparente soluzione di continuità, dal Mesolitico dei Tagli 7 e 6, alle scarse ceramiche di età romana del Taglio 1. Il taglio 5, composto da terreno argilloso giallastro, ha restituito numerosi resti ceramici: la forma più comune è il recipiente profondo a pareti rientranti e bocca ristretta, del quale sono stati riconosciuti 75 esemplari, alcuni decorati da motivi geometrici e curvilinei; erano presenti anche scodelle/piatti troncoconici, scodelle convesse e un frammento di rhyton. Alcune decorazioni (come il vaso a coppa con triangoli incisi e impressioni puntiformi) rimandano direttamente al Neolitico della costa dalmata, nel caso citato ai livelli della Cultura di Danilo del sito di Bribir. Queste tecniche, comunque, sono attestate anche in momenti posteriori alla Cultura di Hvar. I materiali litici si dividono in: strumenti in selce alloctona, spesso di grandi dimensioni (come le grandi lame); strumenti più piccoli in selce locale. Alcune scodelle a calotta con l’orlo ispessito fanno pensare ad una forma di lunga durata, considerando che la si trova sia in contesti della Cultura di Hvar sull’Adriatico, che in ambiti dell’Eneolitico, a Lubiana. Dal Taglio 4 provengono i resti di una scodella emisferica decorata a Besenstrich, decorazione che rimanda a inquadramento cronologico compreso tra il Neolitico tardo e l’Eneolitico. Il Taglio 3 vede la presenza di un vaso a collo, che può essere avvicinato ad elementi della Cultura di Lubiana, per via delle decorazioni ad “impressioni di filo avvolto e impressioni puntiformi”. Tecnica, questa, che compare su un frammento del Taglio 2 e che trovano in questo caso confronti a Rivoli (Gilli-Montagnari 1996). I contatti con materiali tipo Lubiana e Campaniforme di alcuni frammenti decorati si possono inquadrare nel tardo Eneolitico e, soprattutto, nel Bronzo antico. Il Taglio 2 mostra, comunque, la compresenza di materiali più antichi e più recenti, come alcuni vasi profondi a pareti convesse e bocca ristretta, del tutto simili a quelli del Taglio 5. Tuttavia, si deve considerare anche che alcuni materiali di questo strato, come i recipienti profondi a pareti rientranti, sono elementi di lunga durata e di diffusione geografica larga, trovandosi spesso in contesti che vanno dal tardo Neolitico al Bronzo antico. Nell’Eneolitico pieno di tipo Maharski sono inquadrabili alcuni frammenti con orlo ispessito e con impressioni. Le fasi successive, dal Bronzo medio, sono rappresentate da alcune ollette e da un boccaletto, mentre diversi orli estroflessi di olle risalgono a fasi successive, sino al Ferro I. Una frequentazione nel periodo romano è attesta da alcuni materiali, come un bicchiere in ceramica a pareti sottili con decorazione puntiforme a festone, due 2 olle in ceramica grezza di età tardo-antica; una lucerna a volute, un coltellino in ferro.
L’analisi dei reperti dei Tagli 5 e 4 ha portato a concludere che l’occupazione del sito non si sia limitata, nel Neolitico, al solo periodo del Gruppo dei Vasi a Coppa, ma che, al contrario, questa sia continuata anche in fasi più recenti del Neolitico (Gilli-Montagnari 1996). Le ceramiche del Taglio 5 presentano un impasto ottenuto con argille locali, con una temperatura massima di cottura inferiore ai 700°. L’esame dei resti di fauna nel Taglio 5 fa pensare ad una dinamica produttiva non legata solo a singole fonti, ma a strategie di sussistenza basate sull’allevamento, sulla caccia e sulla raccolta di molluschi marini. Il complesso neolitico, nella sua prima fase, permette di ipotizzare una occupazione da parte di genti del Gruppo dei Vasi a Coppa, frequentazione apparentemente stabile che diviene via via più saltuaria nei periodi neolitici successivi. Il Tagli 3 e 2 introducono, per mezzo di diversi frammenti decorati (ma i raffronti non si limitano a questo gruppo di materiali), la problematica dei rapporti con ambiti geograficamente distanti, come Lubiana e il Campaniforme. La relativa esiguità dei Tagli 3 e 2 pare confermare l’ipotesi di una frequentazione che progressivamente affievolendosi nel corso del Neolitico, rendendo la durata delle successive frequentazioni difficile da determinare.
Durigon M., Le grotte del Carso in età romana, in Archeografo Triestino, 1999, s. IV, 59
Gilli E./ Montagnari Kokelj E., La Grotta degli Zingari nel Carso triestino (materiali degli scavi 1961-1965), in Atti della Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli Venezia Giulia, Trieste 1994-1995, IX
Marzolini G., Gli scavi nella grotta degli Zingari, in Annali del Gruppo Grotte dell'Associazione XXX Ottobre, Trieste 1971-1972, V