La cavità - n.91 del catasto V.G. E’ situata nelle vicinanze di Aurisina (in comune di Duino - Aurisina) Si hanno prime notizie della grotta nel 1893, anno in cui K. Moser e G.A. Perko effettuarono diversi recuperi di reperti paleontologici. G.A. Perko nel 1904-1905, singolarmente, e sotto la direzione di C. Marchesetti dal 1905, proseguì gli scavi nella grotta. Durante questi scavi vennero alla luce, oltre a numerosi esemplari di Ursus Spelaeus, anche degli strumenti in selce e materiali ceramici (MARCHESETTI 1905). R. Battaglia diede notizia degli scavi effettuati da Eugenio Neumann dal 1907 al 1914, attribuendo fin da subiti i manufatti litici al Paleolitico Medio. Egli eseguì indagini sistematiche negli anni 1926 e 1929 studiando la cavità sia a livello stratigrafico-sedimentologico che paleontologico e paletnologico, pubblicando così approfondite e dettagliate ricerche (BATTAGLIA 1930). Vennero da lui aperte in totale sette trincee in diverse aree della cavità. Purtroppo ulteriori studi e scavi vennero impediti da sconosciuti, che sconvolsero e distrussero tutte le indicazioni stratigrafiche e i dati da lui raccolti. Successivamente, numerosi interventi abusivi si susseguirono, fino alle raccolte di M. Jurca, che estrasse copiosi resti paleontologici, senza tuttavia documentare le sue indagini. A questo punto l’entrata della grotta venne chiusa: tuttavia, dopo qualche tempo, gli scavi abusivi ricominciarono. Bisognerà attendere il 1998, con gli scavi del Museo Civico di Storia Naturale e la chiusura della grotta con una porta in metallo, per proseguire su basi scientifiche gli studi, con l’apertura della trincea VIII, ideale prosecuzione della numerazione di Battaglia.
E’ stato possibile distinguere due livelli stratigrafici ben distinti, nonostante la situazione originaria fosse stata alterata molte volte dai ripetuti interventi: un primo strato, più superficiale, composto da argille di età olocenica, ed un secondo strato, più profondo, composto da argille e ghiaie di epoca pleistocenica. Materiali fittili e litici furono trovati nello strato superficiale e attribuiti all’epoca neolitica. Negli strati inferiori emersero molti resti di fauna, ma anche numerosi manufatti litici. I manufatti non sono sufficienti per avere una certa classificazione di tipologia, tuttavia l’accomunarli alle industrie Musteriane (come fatto da Battaglia) risulta ancora oggi ipotesi valida, nonostante sembri meglio abbandonare la definizione di "Musteriano Alpino" da lui utilizzata. L’esame sull’industria litica e sulla fauna rinvenuta nel deposito fanno sì che vengano attribuiti ad una fase probabilmente avanzata della glaciazione würmiana, in un periodo non preciso del Paleolitico medio. La scarsità dei manufatti, nonostante l'ampiezza della superficie indagata, è indice di frequentazioni sporadiche. Gli scavi di Neumann, avendo come obiettivo quello di raccogliere reperti ossei di orso, senza stratigrafia né documentazione, presentano materiali misti: un nucleo importante di manufatti ascrivibili al Paleolitico Medio e diversi reperti più recenti. La selce è locale, proveniente dall’area carsica, da Aurisina o da Comeno (BOSCHIAN 2013), in generale di scarsa qualità; tuttavia, sono presenti materie prime anche esotiche, che testimonierebbero l’uso di territori ampi da parte delle popolazioni del periodo. I nuclei sono scarsi, tuttavia l’industria della Pocala ha le caratteristiche della tecnica di scheggiatura Levallois. I raschiatoi semplici e quelli trasversali sono fra gli strumenti di fattura più accurata. Il ritocco è generalmente poco accurato e la forma degli strumenti approssimativa. Per i periodi più recenti, di molti materiali ceramici non è possibile stabilire alcun dato specifico. Da un frammento di parete di anfora si può probabilmente risalire, grazie all'indicazione trovata su un cartellino, alla trincea I, aperta nel 1926 vicino all’entrata, mentre altri materiali sono solo genericamente attribuibili alla protostoria. Sono conservati altri materiali nella Collezione di Padova, fra i quali alcune pareti con trattamento della superficie a Besenstrich e con decorazione a solcature, il che farebbe propendere per un inquadramento fra il Tardo Neolitico e l’Eneolitico, non dissimili con altri trovati nelle ultime campagne di scavo, che hanno fatto però emergere nello strato 7 anche dei frammenti riconoscibili come recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta, o vasi a coppa, elemento tipico del Neolitico del Carso (BERNARDINI et alii 2004).
Bernardini F./ Betic A./ Boschin F./ Boschin W,, Grotta Pocala (Scavi 2003): Relazione preliminare, in Atti del Civico Museo di Storia Naturale di Trieste, Trieste 2004, 51
Battaglia R., La caverna Pocala, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti. Classe scienze fisiche, matematiche e naturali., Roma 1922, 303, s. 5, 13
Battaglia R., Le caverne ossifere pleistoceniche della Venezia Giulia.I.N.91. La caverna Pocala di Nabresina, in Alpi Giulie, Trieste 1921, XXIII, n. 1-3
Marchesetti C., Relazione sugli scavi preistorici eseguiti nel 1905. Relazione sugli scavi preistorici eseguiti nel 1906, in Bollettino della Società Adriatica di Scienze Naturali in Trieste, Trieste 1908, 24
Perko G. A., La caverna degli Orsi o del Campo rosso (Podkala) presso Nabresina, in Il Tourista, Trieste 1906, XI, n. 1-4
Durigon M., Le grotte del Carso in età romana, in Archeografo Triestino, 1999, s. IV, 59