Il castello di Zucco è dislocato lungo il versante orientale del Monte Sabbadin (m 299 s.l.m.) e insieme a quello di Cucagna, ubicato a quota superiore, domina l’abitato di Faedis (Udine), posto allo sbocco della valle del torrente Grivò, luogo di transito in posizione strategica rispetto all’antica direttrice che attraverso la pedemontana conduceva da Cividale verso Gemona. Il complesso castellano, prodotto dell’integrazione tra episodi costruttivi eterogenei, è assimilabile a una cinta di forma planimetrica poligonale irregolare (con 5 lati) su cui si appoggiano alcuni corpi di fabbrica (ne sono stati identificati 4 all'interno e uno all'esterno), disposti attorno a una corte, raggiungibile tramite ingresso posto a sud est. Questo complesso, a sua volta, è circondato da una seconda cinta muraria di cui sopravvivono tratti a sud-est e a nord-ovest. A occidente, la cinta è stata abbattuta in seguito all'edificazione della chiesetta dedicata alla Vergine del Rosario; quest'ultima, con asse principale orientato nord-ovest/sud-est (abside a nord-ovest), è raggiungibile tramite una scalinata costruita attraverso il tratto sud-est della cinta esterna. A nord è ben evidente il fossato artificiale che separa il rilievo su cui poggia il castello dal resto del crinale. Le ricerche archeologiche condotte sul sito, funzionali alle opere di restauro di parte del complesso, sono state curate dapprima dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia (interventi 1998, 2000, 2002) e successivamente dal Dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Udine, sotto la direzione scientifica della prof.ssa Simonetta Minguzzi (a partire dal 2004). Le indagini hanno consentito di formulare, sebbene in forma preliminare, alcune considerazioni spendibili per una lettura diacronica dei risvolti architettonici, culturali e funzionali di un’evidenza che nelle cronache friulane viene citata in condizioni di attività per circa tre secoli ed è approdata all’epoca contemporanea attraverso una fisionomia genericamente riconducibile al Bassomedioevo. Le fonti documentarie edite, sebbene spesso condizionate da interpretazioni controverse, indicano l’edificazione del castello nella prima metà del XIII secolo e suggellano alcune tappe significative della sua esistenza in riferimento, per esempio, al ruolo assunto nelle mani dei signori ad esso associati o in occasione delle contese intervenute con il subentrare della Repubblica Veneta. Nel 1522 ne veniva ancora apprezzato il valore strategico nella perizia stilata da parte di un luogotenente della Serenissima, mentre nel1596 le pietre del castello ormai in rovina venivano impiegate nella costruzione della adiacente chiesetta. Una frequentazione del sito protratta fino ad età post-medievale può trovare riscontro anche in considerazione della tipologia di reperti recuperati durante le ricerche archeologiche che hanno interessato la cosiddetta domus localizzata immediatamente ad est dell’ingresso, sebbene allo stato attuale delle conoscenze non sia possibile stabilire se tali testimonianze denotino un abbandono graduale del luogo oppure una sua occupazione occasionale fino alla più tarda fase riscontrata. All’interno della domus le indagini archeologiche hanno evidenziato lacerti murari con andamento leggermente diverso rispetto a quelle conservate in elevato e hanno inoltre consentito di individuare alcune peculiarità costruttive che caratterizzano altri complessi del territorio, come ad esempio l’abitudine di sfruttare la naturale conformazione del suolo per l’impostazione a fondazione di una o più porzioni murarie, lasciando che la roccia viva occupi parte degli ambienti seminterrati, il cui piano di calpestio non risulta pertanto distribuito alla medesima quota. Tra i manufatti provenienti dalle campagne di scavo più recenti, curate dall’Università degli Studi di Udine in corrispondenza di un’area esterna alla domus, è emersa una ingente quantità di frammenti di ceramica grezza e di ceramica rivestita inquadrabile principalmente tra i secoli XV e XVI, accompagnata da elementi di equipaggiamento militare (cuspidi di freccia, frammenti di corazzina o brigantina), utensili vari (un cucchiaio, ditali e sonagli in lega di rame), numerosi resti di pasto (ossi animali e malacofauna), nonché alcuni oggetti di un certo pregio, quali un pettine in osso decorato a occhi di dado e un lacerto di camaglio. Parte del materiale, proveniente da un’area identificata come discarica, è stata oggetto di una mostra temporanea, organizzata alla fine del 2006 presso il Museo Archeologico Medioevale di Attimis (Udine), finalizzata ad illustrare alcune prerogative della vita quotidiana nei contesti castellani, di cui Zucco risulta ben rappresentativo. Una efficace comprensione dell’intero sito, anche in relazione al contesto in cui è sorto e si è sviluppato, potrebbe rappresentare la ragionevole premessa ad un auspicabile processo di valorizzazione dello stesso.
La storia del castello di Zucco (q. 290) è indissolubilmente legata a quella del castello di Cucagna, situato sullo stesso colle ma a quota maggiore (q. 350). Ambedue sorgono su un promontorio del monte Sabbadin e sovrastano l'abitato di Faedis; controllavano l'imbocco della valle del torrente Grivò e un'antica strada della pedemontana orientale del Friuli che da Cividale si dirigeva a Gemona e, quindi, verso nord. Le recenti indagini condotte sul territorio hanno permesso di individuare due nuovi siti fortificati, entrambi in stretto rapporto con i castelli di Zucco e Cucagna. Alla luce di queste evidenze è verosimile ipotizzare che il castello di Zucco, insieme a Cucagna, alle due nuove strutture individuate e al borgo di Sant'Anastasia costituissero un sistema fortificato unitario, probabilmente a controllo e sbarramento della via che, percorrendo la valle del Grivò, permette di scollinare nella valle del Natisone.
Biasin L., Faedis, Castello di Zucco, 2007, in Archeologia Medievale, 2008, XXXV