Attorno alla baia di Grignano sin dal Trecento sono documentate due chiese. Una dedicata al martire aquileiese Canziano, probabilmente in rapporto a qualche preesistenza strutturale (1), è oggi compresa all’interno del Parco del Castello di Miramare. L’edificio monoabsidato ha pianta semplice, rettangolare. Si tratta dell’unica preesistenza strutturale ancora visibile nell’area del parco, organizzato nell’Ottocento da Massimiliano d’Austria, con l’apporto di “vagoni di terra dalla Stiria, per procedere alle volute impiantagioni sul promontorio”(2). L’altra chiesa, con analoga planimetria, era dedicata alla Beata Vergine, si trovava nel sito dell’attuale chiesa di S. Maria di Grigano ed era sempre rapporto a preesistenze (3). Tra il 1622 ed il 1658 vicino alla chiesa fu edificato (o riedificato) un convento dei Francescani, soppresso nel 1785 e del quale erano ancora visibili le rovine nel 1884 (4). 1 = DELLA CROCE 1698, p. 341: “(...) fra quali (anticaglie) sono diverse Muraglie di grossezza non ordinaria, scuoperte sopra la punta di Grigniano nella vigna del Signor Stefano Camnich, contigua alla chiesa di San Canciano, quali c’additano ivi anticamente fosse fabbricato qualche sontuoso Edificio”. 2 = BERTACCHI 1995, p. 119. 3 = TOMASIN 1897-98, p. 17: “La chiesa stessa fu demolita addì 1 aprile 1826, ed in tale occasione si rinvenne un muro antichissimo ed un piccolo tratto di pavimento che in origine dovevano appartenere alla primitiva chiesetta di San Canciano [confondendo S. Canziano con S. Maria]”. Dei ritrovamenti effettuati nel 1826 parla anche O. Basilio (1924) descrivendo un “selciato a mosaico” rinvenuto nella navata della chiesa di S. Maria, ipotizzando la sua appartenenza “ad un antichissimo tempio dei primi albori dell’era cristiana”, oppure ad “una villa romana come si ebbero a scoprirne nella poco lontana Barcola”. Il Kandler descrive i lavori di ristrutturazione dell’edificio nel 1650, notando come “la chiesa non fu costrutta di nuovo ma ingrandita. Della antica v’era il pavimento a musaico; poi v’era l’abside e qualche parte d’una seconda chiesa del secolo XIV o incipiente XV, di forma che dicono gotica; questa seconda nascondeva il musaico della prima” (GASPARINI 1932, p. 282). 4 = TOMASIN 1897-98, pp. 12-13; GASPARINI 1932, p. 282. Il Kandler così descriveva il convento nel 1861: “Il convento stava contiguo alla chiesa e componevasi di un pianterra e due piani superiori, chiostro e piccolo giardino, nel chiostro una fontana; da due soli lati correvano le celle; dinanzi la chiesa piccolo largo su cui tre alberi, al largo metteva una scalea, dacché montuoso è il terreno” (GASPARINI 1932, p. 283).
Le due chiese non sorgevano isolate. La descrizione della visita dell’imperatore Leopoldo I, nel 1640 mentre era diretto alla volta di Trieste, rivela come all’insediamento religioso fosse legato un approdo (1) sul quale si è soffermato il Degrassi, notando la diversità delle tecniche costruttive impiegate nei moli esistenti e riconducendole ad uno spettro diacronico ampio, compreso dall’Antichità al Medioevo (2). In effetti, il Kandler sosteneva che l’”antico porto costruito dai romani” fu rifatto “nel medio tempo dal Comune di Trieste” e che ebbe un ruolo di appoggio nelle guerre di corsa tra Trieste e Venezia (3), aggiungendo che le proprietà dei terreni circostanti erano “di quei Ranfi che nel 1313 a furore di popolo vennero spodestati, uccisi, infamati, perché sospetti di aver voluto rifare lo stato di Trieste” (4). L’approdo era funzionale anche alle processioni dell’Annunziata che via terra raggiungevano Grignano da Trieste; qui “eravi concorso e fiera” e, “nobili come plebei”, “ritornavano per via di mare con barche” (5). Un altro possibile approdo presso Grignano è stato ipotizzato dal Kandler nell’area dove oggi si trovano le scuderie del castello di Miramare, sostenendo che “in antico credo fosse cala da poter servire non dico a porto sebbene a ricovero di barche (...)” (6). Come già notato per Canovella (vd. scheda 72), anche la zona retrostante l’insenatura di Grignano, è caratterizzata dalla presenza di complessi terrazzamenti, in particolare in corrispondenza della flessura marnoso-arenacea che discende da Prosecco. Esistono tracce documentarie e archeologiche di un insediamento agricolo: sembra infatti che inizialmente la chiesa di S. Canziano fosse isolata e solo in seguito, verso la fine del XIV secolo, l’arrivo di popolazioni slave determinò la nascita di un centro rurale costiero i cui resti, caratterizzati dal reimpiego di materiale romano furono demoliti dal Kandler (7). Più volte si è cercato di forzare un possibile raccordo tra Grignano e le vie di pellegrinaggio. Nella prima metà dell’Ottocento, L. De Jenner fu in grado di prendere visione diretta dei documenti conservati presso l'archivio del monastero benedettino di Grignano (8): in questi scritti, ora perduti, era citata l'esistenza, attorno al 1308, di una sede dei Templari nella zona di Grignano. Un'ulteriore connessione con la sfera dei pellegrinaggi è data dagli atti di un processo ai Templari del 1310, in cui vengono nominati i fratres Guillelmus de Cinttono, Bertrandus de Marscilia (presbiter) e Berallus de Grignano, omnes de ordine Templi (9). Ma si tratta di notizie prive di solide fondamenta documentarie. Sulla base dei dati archeologici disponibili l’unico elemento a parziale sostegno di queste teorie proviene dall’abitato di S. Croce. Le prime notizie storiche su di esso risalgono forse al 1316, anno in cui il vescovo di Trieste Rodolfo Pedrazzani assegnò alcuni mansi situati a S. Croce al clero della chiesa di Tomai oggi in Slovenia (10). Successivamente, nel 1338 nello Statuto del Capitolo della Cattedrale di Trieste, è ricordata la chiesa parrocchiale dedicata all’Invenzione della Croce (11). Queste notizie sono tuttavia da sottoporre ad un vaglio critico (12) e di certo c’è solo che durante il XV secolo l’insediamento di S. Croce era compreso nelle proprietà della famiglia Pellegrini, una delle casate nobiliari triestine (13) e tra il 1466 e il 1471, in seguito a donazioni e vendite, passò alle monache benedettine del monastero di S. Cipriano in Trieste (14). In ogni caso, a S. Croce si trova un edificio a pianta rettangolare, al centro dell’insediamento, adiacente all’abside della chiesa parrocchiale (15). Si distingue nettamente dalle circostanti fabbriche per la tecnica di costruzione a grossi blocchi di calcare ed è probabilmente riconducibile al Tre-Quattrocento. Su alcuni di essi sono presenti incisioni e bassorilievi con soggetti disparati, prevalentemente zoomorfi, assieme ad una conchiglia di S. Giacomo e un bordone, inequivocabili simboli di pellegrinaggio. Sulla base di diversi elementi l’edificio può essere identificato con una di quelle numerose mansiones o hospitalia connessi a centri monastici e canonicali o ad istituti plebani che avevano tra i propri compiti istituzionali anche l'assistenza ai pellegrini. Trieste non era in effetti estranea ai percorsi di pellegrinaggio e risale al 1233 la prima notizia di viaggiatori diretti ai luoghi santi di passaggio per il porto altoadriatico (16). Tra il Quattrocento e il Cinquecento le informazioni sono abbondanti ed inquadrano una situazione di concorrenza tra Trieste, Capodistria e Gorizia (a cui era legato l’approdo di S. Giovanni del Timavo) per il trasporto via mare dei pellegrini diretti soprattutto verso S. Maria di Loreto nelle Marche ed a Roma (17). Le persone in transito non dovevano essere particolarmente numerose; quelle registrate tra il 1535 ed il 1550 variano annualmente da un minimo di quarantaquattro ad un massimo di centoquarantadue (18). In ogni caso fu necessario approntare strutture di accoglienza extraurbane, anche nella preoccupazione che i pellegrini fossero portatori di malattie (19). La prima notizia di queste fabbriche controllate direttamente da Trieste risale al 1525 (20) ma non è escluso che le comunità religiose stanziate sull’altipiano non avessero pensato ad organizzare mansiones ed hospitalia anche precedentemente a questa data, in rapporto alla viabilità carsica, e l’edificio di S. Croce ne rappresenterebbe forse l’ultimo esempio sopravvissuto. Non è escluso che per l’imbarco dei pellegrini fossero utilizzati porti extra-urbani come Grignano o, eventualmente, proprio l’antico porticciolo di S. Croce al quale faceva genericamente riferimento il Kandler, assieme ad una vicina fortificazione (21). 1 = TOMASIN 1897-98, pp. 16-17. Il Tomasin, citando Ireneo della Croce, ricorda come “Pervenuti cinque miglia distanti dalla città, la cristiana devozione mosse Cesare alla venerazione della beatissima Vergine di Grignano, e fatte a tal effetto accostare le barche a terra fu ricevuto alla marina colla bandiera, gonfalone e campanella dai padri conventuali di san Francesco, ove anche concorse dalle vigne con segni di grandissimo giubilo innumerabile stuolo di contadini a vedere il suo principe; e salita a piedi la collinetta, dopo riverita quella gloriosa immagine, si trasferì al convento, ove fermato una buon’ora, assaggiò l’uve di quelle vigne, coltivate alla radice del monte Pucino (...)”. Vd. inoltre: GASPARINI 1932, pp. 287-288. 2 = DEGRASSI 1957, pp. 30-31: “Un porto romano fu veramente a Grignano in un’insenatura ben riparata dai venti. E’ costituito da tre bracci, larghi ciascuno 5 metri, che racchiudono un bacino rettangolare. (...). Mentre, come si è detto, il braccio breve è costituito, nel tratto più lontano dalla costa da poderosi blocchi ancora in situ, il tratto più vicino è formato tutto, anche nello spazio interno, da blocchi più piccoli che non hanno resistito all’impeto delle onde. Solo all’estremità meridionale giacciono due blocchi più grossi terminanti quasi a punta. La diversa tecnica di costruzione e la diversa natura dei conci fanno supporre che questa sia una parte aggiunta in età più recente, forse nell’alto medioevo (...). Nello stesso tempo devono essere state restaurate e rialzate le vecchie opere perché i resti di questo porto emergono con la bassa marea un po’ più degli altri”. 3 = GASPARINI 1932, p. 281: “Nelle ostilità dei Veneti contro Trieste, Grignano era punto propizio, perché le navi minori di Venezia che incrociavano il golfo, ponevansi facilmente in agguato al seno di Grignano, il di cui promontorio le nascondeva alla vista di Trieste”. 4 = GASPARINI 1932, p. 276. 5 = GASPARINI 1932, riportando Kandler. 6 = GASPARINI 1932, pp. 277-279. 7 = KANDLER, SFORZI Esplorazioni, n. 2, “Estratto dal Giornale di esplorazioni antiquarie”, pp. 2-3: “Tracce di abitati ripigliano soltanto alla punta di Grignano presso la chiesa di S. Canciano, dove l’Ireneo della Croce vide muraglie di grossezza non ordinaria, e dove a memoria d’uomini si rinvennero grossi tubi di piombo bollati, che fusi servono ancora per peso a reti da pesca. Le rovine di abitati sono visibilissime, entro le quali abbondano marmi, e cotti, e che a tutto potere smurammo. Di marmi gran copia di paragone, di marmo greco bianco, qualche po’ di verde antico, moltissime varietà breccie”. 8 = BASILIO 1924. 9 = BUFFULINI 1979, nota 8, p. 56. 10 = KANDLER CDI, vol. 3, documento datato all’11 marzo 1316. 11 = KANDLER CDI, vol. 3, documento datato al 16 dicembre 1338; MARSICH 1877-1878, p. 378 (a. 1260). 12 = MESSINA 2003a. La S. Croce nominata nel documento del 1316 non necessariamente è identificabile nella S. Croce del Carso triestino; la denominazione potrebbe essere invece riferita alla S. Croce di Tomai. Inoltre, la parrocchiale dell’Invenzione della Croce “de contrata Ter(gesti)” citata nel 1338 è indicata come posta presso la casa della mensa capitolare; è quindi molto probabile che l’edificio religioso non fosse situato nella villa di S. Croce ma piuttosto all’interno della città di Trieste dove una chiesa di S. Croce (detta anche di S. Elena), consacrata nel 1302, era costruita alla base della contrada della Cattedrale, salita che conduceva alla chiesa di S. Giusto (SCUSSA 1885, pp. 64-89). 13 = HORTIS 1881-1882, pp. 399-403; CAVALLI 1909, I, pp. 237-249. 14 = KANDLER CDI, vol. 5, documento datato al 17 febbraio 1471; CAVALLI 1910, p. 119; FAVETTA 1979, pp. 248-49. 15 = CURCI, MAGRINI, RIAVEZ; MAGRINI, RIAVEZ 2003. 16 = 2001 HORTIS 1880, pp. 203-204: “Nel 1233 (13 agosto) il rappresentante di Trieste, giurando fedeltà a’ Veneziani prometteva di eseguire omnia sacramenta et precepta, que dominus dux Veneciarum cum suo consilio michi fecerit vel fieri fecerit in civitate Tergesti, tam de facto lignaminum, quam de facto sali set peregrinorum”. 17 = HORTIS 1880-1884. 18 = HORTIS 1880-1884, pp. 204-205. 19 = HORTIS 1880-1884, p. 207: Pregadi, a. 1535, 26 marzo: “(…) et hoc propter inobetentiam Civium qui se inmiscent cum peregrini et aliis venientibus ab extra a locis suspectis de morbo”. Parallelamente fu creata la figura dei magistrati detti dei soprastanti o provveditori sui pellegrini. 20 = HORTIS 1880-1884, pp. 210-211: Pregadi, a. 1525, 19 marzo: “Proposte: P.° de fatienda bona provisione circa sanitatem Civitatis, ex causa peregrinorum huc confluentium causa Romam se conferendi occasione Jubilei quod est in presenti anno per totum, et de fatiendis etiam duobus provisoribus qui per totum presentem annum et Jubileum auctoritatem habeant inveniendi comoda et idonea navigia ipsis peregrinis ad partes Marchie conducendis. Item de providendo pro illis de hospitiis extra Civitatem ad finem quod Civitas conservetur sana et peregrini huc venientes habeant victum et … morandi et habitandi”. 21 = KANDLER 1852, p. 26; DEGRASSI 1957, p. 30. Il Kandler e lo Sforzi (Esplorazioni, n. 2 (“Estratto dal Giornale di esplorazioni antiquarie), pp. 3-4) ricordano “appiedi della villa di S.Croce, molo di poco momento, più in alto sul colle vestigia di antico edifizio quadrato, che i villici segnano ancora col nome di Castello, ed intorno a cui poteva qualche abitato collocarsi”.
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