Benché smaterializzati sono ben percepibili i protagonisti dell'episodio evangelico: San Giuseppe e la Madonna che tengono in braccio Gesù Bambino e l'asino loro compagno di viaggio verso l'Egitto.
Fuga in Egitto, frutto di una donazione che nel 1996 ha colmato una grave lacuna nella collezione degli artisti triestini del secondo Novecento, appartiene al primo periodo della pur breve vicenda artistica di Miela Reina che, nel 1959 terminava gli studi all'Accademia di Belle Arti di Venezia e iniziava la sua carriera di insegnante all'Istituto Statale d'Arte di Trieste. La sua pittura era partita sicuramente da suggestioni scolastiche riconducibili all'Espressionismo e, in generale, a influenze nordiche, ma aveva trovato ben presto una strada molto personale, legata, piuttosto a una speciale capacità di osservare e raccontare la realtà. In particolare i dipinti degli ultimi anni cinquanta sono caratterizzati da un accendersi di colori che è sicuramente il risultato dei viaggi compiuti in Sicilia, in Francia e in Spagna con passione e curiosità. Nei dipinti rivivono, trasfigurati, i personaggi da cui è colpita, non di rado bambini o gente semplice. Ma non è una pittura descrittiva, tutt'altro. Come osserva Gillo Dorfles (1980, p. 41), ciò che distingue la pittura di Miela è "un'insolita e autonoma organizzazione spaziale: i personaggi quasi sempre [...] navigano' entro un mare cromatico che sembra liberarli da ogni legge di gravità. Sospesi in uno spazio-colore amorfo, le figure di uomini, donne, animali, cose, ondeggiano, si scontrano, si amalgamano, costituendo delle unità formali [...] il cui valore di segno è dato tanto dalla sottigliezza del tratto, quanto dalla materia del colore". A frenare questo processo di smaterializzazione delle forme, che avrebbe potuto condurla all'informale, in una stagione in cui tanti artisti sceglievano questa via, furono" - è ancora Dorfles a parlare - "il temperamento vivace e fiabesco della pittrice, la sua vena di sognatrice, ma anche di grande manipolatrice artigiana di giochi e di pupazzi, la sua stessa attività didattica a contatto con giovanissimi" che fecero emergere in questa prima fase della sua attività "delle caratteristiche spiccatamente narrative piuttosto che frigidamente astratte". Negli anni Sessanta la pittura lasciò il posto progressivamente a delle forme espressive assolutamente originali, tra il surreale e il pop, che fanno vivere nella pittura o attraverso costruzioni tridimensionali un mondo immaginario costituito da oggetti umanizzati e parlanti, messaggi scritti, racconti a fumetti, il tutto condito da una sottile, ma pungente, ironia.
Masau Dan M., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004
Dorfles G., Miela Reina. Dal 1960 al 1965, in Miela Reina, Milano 1980