in basso a sinistra: Gmo Induno
Una lunga fila di soldati garibaldini discende dalle pendici dell'Aspromonte preceduta dall'eroe ferito portato a spalle dai suoi uomini. Un gruppo di popolani assiepati sulla sinistra assiste con reverenza al passaggio, mentre una delle donne versa dell'acqua per dissetare i combattenti.
Il dipinto si riferisce a uno degli episodi più celebri e controversi dell'epopea risorgimentale: il ferimento di Garibaldi nello scontro del 29 agosto 1862 con le truppe piemontesi guidate dal generale Cialdini che, su pressioni francesi, avevano sbarrato il passo sull'Aspromonte ai volontari garibaldini diretti a Roma. Nella breve scaramuccia Garibaldi riportò una ferita a un piede, venne poi arrestato e fu tradotto alla fortezza di Varignano. Il fatto suscitò un'immediata ondata di sdegno verso la politica del Regno sabaudo, dando vita a una serie di aneddoti popolari e contribuendo ulteriormente ad accrescere la fama del condottiero. Proprio l'impaginazione scelta da Induno si presta ad amplificare i contenuti potentemente popolari di un fatto del genere: il trasporto del generale, issato sulle spalle e sostenuto da una moltitudine di persone come un santo patrono, si trasforma in un'autentica processione che si snoda tra le montagne calabre, peraltro descritte con una minuzia quasi lenticolare. Colpisce poi lo sguardo attonito di Garibaldi, incredulo sull'accaduto. La stessa espressione di infinita stanchezza che il pittore lombardo tradurrà "dal vero" in una piccola tavola eseguita a Roma il 31 gennaio 1876 (Giuseppe Garibaldi, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Un'altra redazione del dipinto (Genova, Museo del Risorgimento) mostra la medesima scena colta da un punto di vista laterale, pressoché identico a quello adottato da Michele Cammarano in una tela col medesimo soggetto (Torino, Museo Nazionale del Risorgimento) dove tuttavia l'episodio si accende di ulteriori significati e trascolora in una sorta di sagra paesana dove "religiosità, devozione, trascorrono nelle figure delle 'pie donne'; quasi un'attesa come se si aspettasse il miracolo" (Soldati e pittori 1987). Il dipinto in esame troverà poi vasta fortuna grazie alla traduzione litografica di Vincenzo Malinverno (una copia, donata dallo stesso Costantino de Galatti, si conserva presso il Civico Museo del Risorgimento di Trieste).
De Grassi M., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004
Soldati e pittori, Soldati e pittori nel Risorgimento italiano, Milano 1987