in basso a sinistra: S: BIDOLI
Ritratto a mezza figura dello scultore Francesco Gorsé appoggiato alla testa scolpita del pittore Santo Bidoli che egli stesso realizzò, a sua volta autore del dipinto in esame.
Il ritratto di Francesco Gorsè è pervenuto al Museo Revoltella nel 1981 con altre 26 opere (tra disegni e olii) di Bidoli, grazie alla donazione della famiglia Galante di Roma, che cedette al Museo anche alcuni documenti (per lo più fotografici) riguardanti il pittore monfalconese e la sua famiglia. In quella stessa occasione Ernesto Bidoli, fratello dell'artista, donò al Museo altre tre opere che sommate alle precedenti e ad altre donate più tardi (1983-84) dalla stessa famiglia Galante e da Roberto Hausbrandt permettono uno studio piuttosto approfondito del linguaggio pittorico e grafico di Santo Bidoli che fu artista versatile, conosciuto per aver realizzato decorazioni e pitture murali in banche, edifici, chiese e interni navali. Del ritratto di Gorsè, oltre a questa versione del Museo Revoltella, si conosce almeno un'ulteriore copia, datata 1927, che fu esposta alla I Esposizione del Sindacato delle Belle Arti e del Circolo Artistico di Trieste con il titolo Gorsè (Sala II, n. cat. 35, tav. II), riprodotta in bianco e nero sul catalogo della mostra e datata 1927, come chiaramente si legge nella riproduzione. "Il Bidoli", commenta de Tuoni in quella occasione "volle creare un'opera che si staccasse in modo deciso dalla sua produzione consueta; volle avvicinarsi ai canoni banditi dal Novecento [...]. S'è abbeverato, per così dire, al neoclassicismo napoleonico, arricchendolo d'esperienze cinquecentesche". E, nell'individuare il soggetto scultoreo raffiguratovi, continua: "La grande maschera di gesso, che è il suo ritratto, sorretta dallo scultore Gorgè [sic], costituisce un motivo che rammenta certi medaglioni e bassorilievi introdotti nelle loro opere dai pittori del primo Cinquecento. Quanto alla tecnica, invece, il Bidoli risente l'influenza dei primi decenni dello scorso secolo, dell'epoca neoclassica. Tuttavia mitigò la tonalità alquanto cristallina e fredda, propria a quei pittori, con una calda velatura moderna, sì che la sua opera è veramente interessante ed in molta parte frutto d'esperienze personali" (Dario de Tuoni, Alla Mostra del Giardino Pubblico. Di alcuni pittori, in "Il Popolo di Trieste", 20 novembre 1927). La differenza maggiore riscontrabile nelle due versioni riguarda essenzialmente lo stato dell'opera scultorea in esse raffigurata. Infatti, se nel 1927 questa era visibilmente allo stato di abbozzo, nel dipinto del Museo Revoltella essa sembra ormai allo stato definitivo. Nel 1927 Gorsè si trovava a Trieste già dall'anno precedente e si era ben integrato nell'ambiente artistico, stringendo amicizie, come questa con Bidoli, anche piuttosto significative. Avrebbe lasciato questa città l'anno successivo (1928) per trasferirsi a Gorizia e, più tardi, a Lubiana (1930). Si può pertanto ipotizzare che, sbozzato nel '27, il ritratto di Bidoli venisse poi realizzato in marmo qualche anno più tardi. Forse proprio nel 1934, datazione alla quale si può far plausibilmente risalire il dipinto del Museo Revoltella, se si considera una riproduzione fotografica di quest'opera conservata nell'archivio del Museo, nella quale si legge chiaramente, accanto alla firma in stampatello in basso a sinistra, la datazione in numero romano (XII), corrispondente al 1934. In diverse occasioni, infatti, Bidoli appone, accanto alla propria firma, l'indicazione cronologica adottata in epoca fascista. Il numero romano, così evidente nella fotografia d'archivio, però, è stato in seguito occultato mediante un inspiegabile ritocco, confermato dall'esame eseguito con la lampada di Wood.
Gregorat S., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004