La chiave d'arco si distingue dalle altre due sopravvissute per una semplificata decorazione scanalata a V rovescia che si diparte dal solco del collo e si conclude a circa metà del tronco di piramide. La testa che conclude superiormente il manufatto è rozza ed elementare: gli occhi sono cerchiati, il naso appiattito, la bocca a fessura; il collo è reso mediante un solco largo e profondo.
Quello in esame fa parte di una serie di quattro elementi simili tra loro, uno dei quali, venuto alla luce dopo il terremoto del 1976 in seguito al quale crollò buona parte del fianco destro, e documentato nella schedatura del 1983, al momento dell'apertura del Museo della pieve e tesoro del Duomo nel 2006 risulta tuttavia disperso. Come scrive Clonfero nella scheda redatta nel 1979 per la Soprintendenza del Friuli - Venezia Giulia, l'ex-voto in argento donato dai gemonesi al santuario di Castelmonte dopo la peste del 1575, è assai interssante perchè documenta l'esistenza, nel fianco destro del duomo, di sei monofore risalenti all'epoca di maestro Giovanni e successivamente murate. Fino al 1976 due di tali monofore, smurate nei primi decenni di questo secolo, erano visibili dall'esterno, mentre le altre quattro si potevano ammirare, nella loro parte superiore, nel tratto di muro nascosto dalle soffitte della cappella della Beata Vergine e del vecchio archivio del Duomo (nella soffitta dell'antisacristia, ma ad un'altezza inferiore rispetto alle precedenti, ce n'era poi una settima). Come risulta dagli schizzi eseguiti dallo stesso Clonfero nella minuta della scheda citata, la terza di queste quattro monofore era decorata da tre degli elementi figurati sopradescritti, che svolgevano la funzione di imposte o di chiave d'arco. Nel fianco destro ricostruito sono state riproposte le prime due monofore ed una sola di quelle nascoste dalle soffitte.
Patat P., Scultura, in Il duomo di Santa Maria Assunta di Gemona, Gemona del Friuli (UD) 1987