La chimera urlante, scultura, Basaldella Mirko, XX

La fiera mitologica, dalla testa leonina e dalla coda a guisa di serpente che si insinua tra gli arti posteriori, presenta una superficie scabra decorata con grafismi in rilievo dalle reminiscenze orientaleggianti. La testa dell'animale è caratterizzata da ampie fauci spalancate che creano una profonda cavità dalla forma quadrata.

Verso la seconda metà degli anni Cinquanta Mirko Basaldella, grazie anche ai viaggi che fece in Siria e Giordania nel 1952-1953, ebbe un rinnovato interesse nei confronti di forme orientaleggianti volumetriche e unitarie. L’ispirazione generale che ebbe in questa fase fu quella di citare un Oriente favoloso, mitico come ne “La chimera urlante” di Casa Cavazzini, dove questa figura, insieme ai totem, agli idoli, alle maschere, sembra evocare sensazioni magiche e sacrali attinte dall'immaginario e dall'inconscio collettivo. L’iconologia alla quale si ispira Mirko è quella della chimera che sputa fuoco - ecco il motivo delle fauci spalancate in questa versione - considerata nella tradizione classica incarnazione di forze distruttrici. La forma semplificata dell’animale mitologico è tuttavia arricchita dai graffiti che ne ricoprono l’intera superficie: simboli misteriosi e indecifrabili che alimentano ulteriormente il senso di straniamento difronte a questa scultura. Realizzata in cemento e lavorata direttamente con la spatola su una struttura portante in metallo, veniva così decorata quando ancora la materia non era solidificata. Il modello di riferimento è indubbiamente la “Chimera” di Arturo Martini dei primi anni Trenta, sempre conservata a Casa Cavazzini, realizzata quando Mirko era assistente del maestro nel suo studio milanese (Gastaldon 2018, pp. 122-123).