Natura morta con porcellane giapponesi, dipinto, Galli Emma, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
natura morta con porcellane giapponesi
Autore
Galli Emma (1895/ 1982)
Cronologia
1920 - 1929
Misure
cm - altezza 40, larghezza 52.5
Codice scheda
OA_131880
Collocazione
Trieste (TS)
Villa Sartorio
Civico museo Sartorio. Quadreria
Iscrizioni

In basso a destra : E. Gallovich

Il dipinto, pervenuto nelle collezioni museali nel 1943 grazie al lascito del giornalista Aldo Mayer, raffigura un piccolo vaso contenente alcuni fiori di color arancione, attorniato da tre statuine di manifattura giapponese. Ai due lati, spiccano le figure in porcellana di due degli Shichifukujin, le sette divinità della felicità e della buona fortuna, oggetto di larga devozione come geni della casa e della famiglia: Ebisu (a sinistra) e Daikokuten (a destra). Ebisu è la divinità tutelare di tutti i mestieri, con particolare riguardo alla pesca e al commercio; generalmente è raffigurato mentre siede su una roccia, con un alto cappello appuntito e ripiegato, la canna da pesca nella mano destra e un grosso pesce sotto il braccio sinistro. Ebisu è spesso abbinato a Daikokuten, dio della salute e protettore dei fattori: riconoscibile per la stazza imponente e il volto largo e sorridente, è rappresentato seduto su due grandi balle di riso, con un sacco – colmo di ricchezze da distribuire – in una mano e un mazzuolo da minatore – per scavare i tesori dalla terra – nell'altra. La figurina al centro raffigura un biwa hooshi (lett. “sacerdote del liuto): questi suonatori itineranti di biwa, il liuto giapponese, attivi prima dell'epoca Meiji (1868-1912) e spesso ciechi, portavano la testa rasata e gli abiti comuni ai monaci buddisti e si guadagnavano da vivere recitando e accompagnandosi con la musica.Emma Galli era figlia di un capitano di lungo corso del Lloyd triestino che, al ritorno dai suoi frequenti viaggi, recava in dono alla famiglia oggetti e stampe, soprattutto orientali, rendendoli familiari alla pittrice fin dall'infanzia. È possibile ascrivere il dipinto alla produzione giovanile dell'artista, che intercorre tra il soggiorno monacense del 1918-1921 e quello fiorentino del 1928-1929, comunque prima del cambiamento del cognome.Denuncia la sua adesione ai modi delle secessioni berlinese e monacense la scomposizione del dato visibile in macchie larghe e pastose tramite la pennellata sicura, che coniuga una particolare attenzione per la ricerca del vero con l'immediatezza di una resa espressiva e luministica.

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