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NR: A.Wildt
Volto della Madonna incorniciato dai capelli, suddivisi dalla scriminatura centrale in due bande e suggeriti da sottili rigature, e dal velo che si incrocia sotto i mento. Gli occhi sono quasi chiusi e l'espressione è improntata a una sofferenza trattenuta.
Scultura emblematica del continuo processo di rielaborazione formale, anche in senso decorativo, operato da maestro milanese, questo etereo, quasi diafano ritratto della Madre di Cristo apparve per la prima volta in pubblico, a un anno dalla sua realizzazione, nel 1925, alla III Biennale di Roma. Fu esposta nella XXXII sala, con il titolo Testa di Vergine. Lo stesso anno fu presentata a Parigi, all'Esposizione Internazionale di Arti Decorative, nel 1926 a New York (esposizione d'Arte Italiana Moderna) e nel 1927 a Ginevra (Musée Rath) e a Milano, nell'ambito della mostra del gruppo del Novecento, curata da Margherita Sarfatti presso la Galleria Scipionich. Ottenne un immediato riscontro di pubblico e Wildt ne vendette negli stessi anni perlomeno tre copie in marmo. Con il titolo di Madonnina fu riesposta a Roma, alla III Mostra Internazionale d'Arte Sacra, assieme alla Santa Lucia (cfr. L'artista Moderno 1934, pp. 204, 458). Se ne conoscono diverse versioni in marmo. Una di queste si distingue per il bel motivo stellare inciso sul supporto marmoreo, a configurare un nimbo sulla testa della Madonna: versione definitiva, arricchita e completata da quest'accenno di delicato quanto perfetto senso esornativo. La scultura è ispirata sia alla sublime astrazione della plastica neoclassico purista che alla semplicità delle mistiche sculture medievali, come ha ben rilevato nel 1988 Paola Mola: "La Vergine ha le palpebre socchiuse e la vista appena spenta delle dame distese sui coperchi delle loro tombe nella penombra delle cattedrali". Fu presentata anche nelle retrospettive di Venezia (Cà Pesaro, 1989) e di Bresci (Palazzo Martinengo, 2000). Nel catalogo di quest'ultima mostra Elena Pontiggia ha scritto: "A sei anni di distanza da Maria dà luce ai pargoli cristiani, Wildt torna sul tema della Vergine, dandone un'interpretazione "canoviana" di intensa misura classica. Il soggetto è quello della Madonna che "medita in cor suo", raccolta in una mistica interiorità. Il volto estenuato della Mater purissima (1918) si ricompone qui in una diversa soavità, impreziosita dalla filigrana minutissima della capigliatura e dalle pieghe del velo, che sigillano la delicata angolosità della fisionomia in una morbida ellissi. È evidente nell'opera il ricordo di Vedova e, nel panneggio del velo, di Luce. Ogni accento espressionista, però, è sublimato in un purismo rarefatto, in cui anche i segni della sofferenza (che, a ben vedere, scavano ancora il volto di Maria) sono medicati dalla trasparenza del marmo, luminoso come un gioiello".
Scardino L., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004