Ottenuto dall'incastro di vari elementi di abete rosso, sommariamente tagliati e uniti gli uni agli altri da ganci e chiodi di ferro, Il grande sacerdote rosso si presta ad una lettura frontale, in grado di evidenziare il ritmo serrato della composizione, la studiata dialettica tra direttrici orizzontali e verticali, la rigida simmetria delle forme e la sproporzione tra le dimensioni della parte superiore e di quella inferiore.
L'opera, realizzata nel 1964 e presentata negli Stati Uniti alla Bundy Art Gallery di Weitsfield, (Vermont) e all'Institute of Contemporary Art di Boston, fu trasferita in Italia dopo la morte dello scultore, avvenuta a Cambridge nel 1969. Nell'estate del '76 fu esposta a Trieste, nella sala del "Bastione Fiorito" del Castello di San Giusto, nell'ambito della grande mostra dedicata a Mirko intitolata 120 giorni di scultura a Trieste, a seguito della quale il fratello dell'artista decise di donarla al Comune di Trieste. Il verbale della seduta del Curatorio del 9 maggio 1977 riporta infatti: «Il conservatore informa che il maestro Dino Basaldella offrì in dono la grande scultura in legno "Sacerdote in rosso" di Mirko con l'intenzione che l'opera fosse accettata dalla Città di Trieste e che un esemplare fuso in bronzo potesse trovare posto in qualche spazio pubblico della città. Il dono fu accettato con delibera giuntale N. 4323 dd. 22.12.1976. "L'opera è stata trasportata dal Castello di San Giusto al Civico Museo Revoltella e dovrà essere montata. Il conservatore ha scritto all'architetto Maurizio Morellini di Roma onde ottenere lo schema del montaggio, che è stato fornito; l'architetto Morellini ha espresso qualche perplessità circa il risultato della fusione. Il Curatorio accetta il dono, al quale viene attribuito un valore di L. 40.000.000". Nel verbale sono riportati anche i nomi delle fonderie da contattare per richiedere il preventivo di fusione dell'opera, ma, per motivi tecnici, la traduzione in bronzo dell'esemplare in legno non è mai stata eseguita. La scultura è uno dei monumentali assemblages della serie dei "grandi legni" eseguiti da Mirko negli anni sessanta, della quale fanno parte anche opere come Rostro (1964) e Trofeo (1965), in cui, come ha rilevato Carlo Milic, "si mette a fuoco un'esplicita proposizione della figura in termini strutturali, dove il legno non ha il significato del detrito, ma all'opposto manifesta una somma di valori estetici e contenutistici in polemica con i frutti tecnologici della comunità anglosassone" (Milic 1975, p. 35). Severamente maestosa, al pari delle altre "strutture primarie" realizzate da Mirko a metà degli anni '60, questa figura totemica, antropomorfa e magica, rivela il suo intento di andare «verso il cuore oscuro del mito» (Maniacco 1993, p. 57). L'interesse per le fonti arcaiche e primitive, sempre presente nella poetica dell'autore, era aumentato dopo il suo trasferimento a Cambridge, nel Massachusets, dove nel 1957 gli era stato affidato l'incarico di direttore del Design Workshop della Harvard University e nel 1962 era stato eletto membro dell'Academy of Arts and Sciences; proprio in questi anni, infatti, discipline come l'antropologia culturale, l'etnografia e l'archeologia stavano promovendo la valorizzazione delle tribù degli indiani d'America in seno alla cultura scientifica americana, studiandone i riti e la produzione di maschere, totem, pietre scolpite e legni dipinti con motivi tribali, ampiamente ripresi e rielaborati da Mirko.
Bressan N., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004
Maniacco T., Mirko Basaldella, Pordenone 1993
Milic C., 120 giorni di scultura a Trieste, Trieste 1975