quadratura monocroma parete nord: D. P. F.
Il salone a doppia altezza presenta una decorazione ad affresco lungo le pareti e il soffitto. Il soffitto è caratterizzato da una tondo centrale, incorniciato da un fregio decorato con piccole figure, raffigurante due putti alati, i quali reggono una fiaccola, una banderuola e una corona. Le pareti lunghe della stanza presentano una medesima composizione: un loggiato con colonne in marmo rosso oltre cui si una prospettiva di un giardino e di un tempio; mentre nella parte superiore, le colonne sorreggono un finto ballatoio che va a continuare idealmente il reale ballatoio che è presente in una dei lati corti del locale. Sulla balconata di entrambe le suddette pareti lunghe sono raffigurati diversi personaggi. Nella parete corta verso la strada, le tre reali grande finestre ad arco sono ornate da una quadratura che le incornicia mentre al di sopra una fascia è raffigurata ad imitazione di una balconata da cui una donna si affaccia.
Il salone viene ricordato abbellito con affreschi di Giulio Quaglio, poi coperti dalla nuova decorazione ad opera di Domenico Paghini durante la proprietà Garzolini, da inizio Ottocento a inizio Novecento. Infatti nel 1790 il palazzo venne comprato da Giuseppe Garzolini e da Margherita Mangilli. Su una parete, in una scena mitologica è presente la sigla “D. P. F.”, sciolta come “Domenico Paghini Fecit” e quindi riconosciuta da parte della critica come firma di Domenico Paghini (Bartolini, Bergamini, Sereni 1983, p. 235; Visentin 2017, p. 145). Inoltre la pitture vengono citate come “muri e soffitti dipinti con architetture e figure” nelle perizie del 1817, anno che diviene quindi termine ante quem per datazione del salone. Erroneamente, forse una disattenzione nel riportare notizie obsolete, la stessa fonte attribuisce a Quaglio le pitture (Bartolini, Bergamini, Sereni 1983, p. 235; Visentin 2017, pp. 143-145, n. 54). Paghini qui mostra il tentativo di amplificare lo spazio in maniera illusionistica raffigurando degli ampi loggiati con sfondamenti architettonici e balconate, che vanno idealmente a continuare il ballatoio reale presente ad una medesima altezza. L’estro inventivo, seguendo alcune reminiscenze di architetture animate da figure dal gusto veronese o tiepolosco, viene però costretto da una formazione accademica, soprattutto nel disegno quasi scolastico della prospettiva e dei singoli elementi. La mediazione sperimentata dall’artista tra stilemi veneziani settecenteschi e il gusto neoclassico non riuscì totalmente andando ad irrigidire le scene raffigurati e non riuscendo pienamente a sfondare lo spazio. In linea con l’epoca e la voga di inizio Ottocento si riconoscono alcune ispirazione tratte da pitture pompeiane da poco scoperte, soprattutto in alcune quadratura rosse sopra le porte. Inoltre le figure sulle balconate risultano piacevoli e foggiano abiti alla moda del primo Ottocento.
Visentin M., "Li muri e soffitti sono dipinti con architetture e figure". La decorazione pittorica in un palazzo a Udine tra Settecento e Ottocento, in Tre nomi per un palazzo: Polcenigo, Garzolini, Toppo Wassermann, Udine 2007
Nobile D., Domenico Paghini: un protagonista della decorazione neoclassica in Friuli, in Neoclassico, Venezia 2001, n. 20
Bartolini E./ Bergamini G./ Sereni L., Raccontare Udine Vicende di case e palazzi, Udine 1983