Cristo raffigurato seduto su una roccia, con il gomito destro appoggiato sul ginocchio corrispondente, si sorregge il capo con la stessa mano, mentre la sinistra è appoggiata sull'altro ginocchio. Egli appare pensoso e stanco, con lo sguardo malinconico perso nel vuoto.
L'iconografia del Cristo seduto risponde ai canoni del Christus in der Rast tedesco e, nel caso in esame, Bergamini ipotizza che il modello sia costituito da un'incisione di Dürer datata 1511 (Bergamini 1999, p. 190), che ebbe larga diffusione in tutta Europa. Secondo lo studioso il Cristo del Museo Etnografico presenterebbe molte analogie, in particolare nel basamento, con il Christus in elend (Cristo in miseria) del Duomo di Braunschweig e con le due statuette scolpite da Hans Leinberger nel secondo decennio del XVI secolo conservate l'una nella chiesa di San Nicola a Landshut e l'altra a Berlino, Staatliche Museen. Il prototipo dureriano venne ripreso anche dall'anonimo frescante della cappella superiore della Kreuzkapelle di Arnolstein e dallo scultore sudtirolese del XVII secolo che eseguì un bassorilievo ora conservato nella Sammlung Religiose Volkunst di Vienna. La larghissima diffusione del tema è testimoniata dal Cristo de la Paciencia ligneo esposto nel Museo del Convento de San Francisco in Santa Fe, dal Cristo dolente nella chiesa di San Giacomo a Praga e da numerosi esemplari rintracciabili in Slovenia (per esempio le statuette provenienti da una cappella stradale ora conservate presso il Museo Etnografico di Lubiana, oppure gli esempi di Kranj o di Tolmino). Altri esempi si trovano anche in Carinzia o nel Sud Tirolo e in Friuli, a Venzone, dove il tema è proposto sopra un gonfalone seicentesco (Bergamini 1999, p. 192). Per quanto riguarda il motivo della testa appoggiata sul palmo della mano con significato di dolore-fatica, sonno-sogno, meditazione-contemplazione-riposo, oltre a Bergamini, anche Goi e Sibille-Sizia e, prima di loro, Saxl, Panofsky, Klibansky, ne hanno evidenziato l'origine pagana, ispirata al mito di Saturno e alla malinconia. Per il Friuli si possono ricordare anche le statue della facciata del duomo di Gemona del XIV secolo, gli affreschi di Arzenutto, databili al 1515, e la Resurrezione del duomo di Pordenone del 1503. Al tema del Cristo in riposo viene spesso associata la raffigurazione del Christus als Schmerzensmann o Cristo sofferente, diffusa nell'Europa cattolica centrale e settentrionale a partire dall'inizio del XVI secolo, anche se tale l'iconografia risale all’Europa preindoeuropea. A questo proposito Sibille-Sizia propone rappresentazioni risalenti al VII-VI secolo a. C. della cultura neolitica di Sesklo, in Tessaglia, e altre statuine in terracotta del Dio della Vegetazione morente e della Dea Madre Terra risalenti al VI-V millennio a. C. Altre attestazioni di una tipologia accostabile al Cristo sofferente si trovano nell'antica Grecia e nelle credenze sul Dio-Lino o Dio-Grano, dove si ripete l'associazione del ciclo della vegetazione con quello della vita umana, già visto negli esempi preistorici sopra ricordati. Dopo un saggio di restauro eseguito nel 1985 da Pietro Tranchina, la scultura nel 1998 fu sottoposta a un'ulteriore analisi che mise in luce tre strati di ridipintura sovrapposti alla policromia originale e un esteso attacco di insetti xilofagi che aveva compromesso seriamente la struttura, in particolare sul retro. Nello stesso anno dunque la statua fu sottoposta a restauro dalla Coop. Esedra (UD) con la consulenza del geologo Alessandro Princivalle. In questa occasione fu effettuata la pulitura e venne rimossa la vernice superficiale di colore bruno. I sollevamenti della pellicola pittorica e della preparazione furono consolidati e si optò il mantenimento degli strati sovrapposti alla policromia originale. Le lacune, stuccate a gesso e colla, furono integrate a rigatino usando colori a tempera e a vernice. A conclusione delle operazioni sulla scultura fu steso uno strato di vernice protettiva.
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