su un'etichetta incollata sul telaio: 25 Giovanni Paolo Panini. Veduta dell'arco di Tito
Il dipinto raffigura una veduta dell'Arco di Tito a Roma circondato da inserti di fantasia quali i blocchi con i resti di fregi sopra uno dei quali c'è un contadino con un cane, e il terrapieno circondato dall'acqua dove sostano altri personaggi.
L'opera apparteneva alla collezione di Pietro Mentasti da cui fu acquistata nel 1955 con un'attribuzione dubitativa a Giovanni Paolo Panini, uno dei più noti pittori di vedute e capricci con rovine romane della prima metà del Settecento. Il soggetto della tela triestina è avvicinabile alla produzione dell'artista piacentino, ma secondo la Pietrogiovanna (2001) l'opera si discosta dalle composizioni magniloquenti del Panini, caratterizzate sempre da un disegno dettagliato e preciso nella resa dei particolari. Nella tela triestina invece prevale un approccio decisamente poco aulico, con l'arco ripreso dalla parte retrostante meno monumentale e circondato da una serie di inserti di fantasia che mettono in risalto la sensibiltà romantica alla Salvator Rosa che impronta il dipinto. Tutti questi elementi fanno propendere Mari Pietrogiovanna (2001) ad attribuire la tela in esame al romano Andrea Locatelli che, oltre ai paesaggi che diverranno la sua specialità, esegue nel periodo giovanile una serie di vedute e capricci assai affini all'opera triestina, come le due Vedute dell'arco di Tito, una conservata a Roma in Palazzo Venezia e l'altra passata sul mercato antiquario (cfr. Busiri Vici 1976, cit. in Pietrogiovanna 2001) che, oltre allo stesso soggetto, mostrano una forte tangenza stilistica e tipologica con la tela di Trieste, databile secondo la Pietrogiovanna nel secondo decennio del Settecento.
Pietrogiovanna M., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001