I quattro frammenti di affresco trasportati su tela raffigurano le Allegorie delle quattro Stagioni, impersonate da un turbinio di putti che nella Primavera sorreggono corone e mazzi di fiori, nell'Estate spighe di grano e frutta, nell'Autunno uva e nell'Inverno giocano con la neve.
I quattro frammenti di affresco, resti di una decorazione murale di una sconosciuta dimora del bresciano, furono acquisiti dalla collezione di Pietro Mentasti nel 1955. Fu merito di Rodolfo Pallucchini, seguito da Roberto Longhi e Maria Luisa Ferrari, l'aver ricondotto al Romanino i frammenti in esame, datandoli attorno al 1555. In seguito, come afferma Finocchi Ghersi (2001), la paternità all'artista bresciano è stata messa in dubbio, a favore di un'attribuzione ad un suo seguace o ad un pittore cremonese legato ai Campi. Più di recente (Begni Redona - Vezzoli 1978; Nova 1994, cit. in Finocchi Ghersi 2001) si è tornati all'idea di un intervento dello stesso Romanino, a cui però non spetterebbero tutti i frammenti, ma solo quelli con la Primavera e l'Inverno, mentre gli altri due sarebbero da assegnare piuttosto al collaboratore Lattanzio Gambara, che li avrebbe eseguiti su disegno del maestro. L'idea è condivisa in toto da Finocchi Ghersi, che mette in evidenza come spicchi la disparità di mani tra i frammenti; lo studioso ne conferma una datazione al 1555, per la stretta affinità con gli affreschi del Romanino in Palazzo Averoldi a Brescia e, dato l'andamento orizzontale dei frammenti, avanza l'ipotesi che nella disposizione originale fossero posti a fregio di una sala, con le scene su una superficie concava interrotte da cornici e poste alla base della specchiatura di una volta.
Finocchi Ghersi L., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001