San Gottardo di Hildesheim, seduto in cattedra, regge un libro aperto. Ai lati San Sebastiano e San Rocco. Ai piedi della cattedra due putti con strumenti musicali.
Come risulta dal contratto stipulato il 13 ottobre 1525 l'opera era destinata all'altar maggiore della chiesa di San Gottardo. Riferisce Di Maniago (op. cit. 1823) che il colonnato rappresentato alle spalle delle figure proseguiva illusionisticamente lo spazio della chiesa in cui l'opera era collocata. Completava il dipinto una predella con storie dei santi titolari, in più scomparti. Di questi sopravvive oggi solo il San Rocco nutrito da un cane dell'Accademia Carrara di Bergamo. Sulla base dell'iscrizione lì contenuta Longhi (op. cit., 1927) propose la datazione della pala al 1534, ipotesi che tuttavia non concorda con l'analisi stilistica e che è cotraddetta da riferimenti documentari: nel 1527 risulta già intagliata da Giacomo Quirini - sulla base di un disegno del maestro - e pronta per la doratura la cornice lignea destinata al dipinto, inoltre la figura del San Sebastiano è ripresa già nel 1533 da Pomponio Amalteo impegnato negli affreschi per la chiesa di San Giovanni Battista a Gemona (cfr. C. Furlan, Museo Civico, op. cit. 2001, p. 94). Si tratta di un'opera della piena maturità del Pordenone eseguito fra i cicli di Cremona e Piacenza. Di grande efficacia la resa prospettica del pavimento marmoreo, del soffitto a lacunari e delle due fughe di colonne che trovano compimento nell'abside profonda. Sin dall'antichità la tela mostrò segni di rapido decadimento tanto che fu oggetto di interventi conservativi sin dal '700. Il Cohen ha pubblicato un disegno preparatorio per il San Rocco, conservato a Princeton.
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