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Lungo la strada innevata che porta verso la parte settentrionale del paese a destra sorge una maina votiva coperta di neve, dall'altro lato della strada un crocifisso di legno si staglia nel paesaggio innevato costruito con un accordo di grigi, marroni e bianchi.
Il dipinto fa parte di una serie di opere realizzate a Sauris negli anni 1920, 1921 e 1922 durante i soggiorni trascorsi in compagnia dell'amico pittore Giovanni Napoleone Pellis, è datato dal proprietario al 1922 ca. Come scrive Franca Merluzzi (Merluzzi, 1994, 93) i due pittori erano lega ti da uno stretto rapporto di amicizia e condividevano l'interesse per l'ambiente montano tanto da cimentarsi spesso negli stessi soggetti e nelle stesse inquadrature. Lo studio fa parte di una serie di rilievi, eseguiti dal vero, in cui Giuseppe Barazzutti raffigurò le case saurane (Merluzzi, 1994,92-97). I dipinti non sembrano essere motivati da un preciso in tento di documentazione etnografica. Come osserva Franca Merluzzi ciascun dipinto può essere considerato un'opera autonoma e non rimanda necessaria mente a una quadro realizzato. (Merluzzi, 1994, 92) In questo caso il bozzetto schedato fa parte di una serie che ritrae lo stesso soggetto in inverno e in estate, sull'esempio di quanto Barazzutti aveva fatto per la serie sulla fontana con vasca. Lo studio mostra una maina, piccola cappella devozionale, forse identificabile con quella che sorge ancora nella parte alta del paese lungo la strada provinciale all'altezza del numero civico 17. Il Crocifisso sulla destra non esiste più, ma fu un motivo spesso usato dal pittore per suggerire la dimensione spaziale dei campi innevati. La profondità di campo è resa anche con l'incrocio delle strade, un motivo quello del sentiero serpeggiante più volte usato nelle inquadrature pittoriche di Barazzutti come nota Raffaella Cargnelutti (1994, 42) Nell'opera schedata gli impasti cromatici stesi a spatola hanno una concretezza materica ben evidente e si nota una grande abilità cromatica nell'accostare pennellate bianche , grigie e marroni, che costruiscono fisicamente le varie parti del dipinto, come nota Franca Merluzzi (1994, 93) Lo studio è di formato ridotto poiché fu eseguito dal vero in esterno come suggerisce la spontaneità nell'esecuzione e l'uso dei colori. (Merluzzi, 1994, 92) Nonostante manchi la firma, l'attribuzione a Giuseppe Barazzutti è assolutamente certa poiché si conoscono le circostanze in cui l'opera è entrata a far parte della collezione.
Merluzzi F., Pittori emigranti nell'impero e l'artista Giuseppe Barazzutti, in Puje Pore Nuje, Brescia 2002, n.21
Merluzzi F., Pitors a Glemone, in Glemone, Udine 2001
Giuseppe Barazzutti, Giuseppe Barazzutti. La bottega d'arte, Mariano del Friuli (GO) 1994
Merluzzi F./ Bucco G., Il gemonese Giuseppe Barazzutti veratile artista tra sacro e profano, in Ce Fastu?, Udine 1993, n.1, LXIX