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de.Cillia 1972
Dipinto fortemente contrastato: le rocce chiaroscurate e movimentate da sfaccettature si impongono in una visione ravvicinata lungo la diagonale; i cespugli di sommacco, macchie rosseggianti, si stagliano contro il fondo nero.
Stando a Mario De Micheli che gli fu amico, De Cillia scelse il Carso a prescindere da immagini letterarie sul luogo e da metafore di interiori inquietudini come fu per altri artisti triestini (Slataper); questo luogo fu per lui, non un romantico isolamento nella natura, ma scenario e fonte inesauribile di ispirazione per la sua pittura che fin dagli esordi aspirò sempre alla concretezza, alla salda costruzione e alla visione sintetica. Per le innumerevoli opere e per gli anni dedicati a questo tema De Cillia è conosciuto come il pittore del Carso. Di questo ambiente è attratto dalla particolare morfologia del territorio, dai segni lasciati da una popolazione ostinata che lo abita, dai conflitti che qui si sono combattuti, dalla vita, occulta o manifesta, che si svolge con repentine dolcezze o inasprisce in pietraie aride e deserte, in doline e fenditure, anfratti e voragini, forre e trincee. Nelle sue opere riproduce le variazioni cromatiche che conferiscono alle rocce differenti intensità tonali, ora calde ora fredde, in un gioco che taglia e sfuma le ombre.
Opere collezione, Opere dalla collezione regionale. Dipinti di autori contemporanei, Trieste 1999
Damiani L., Ricordo del pittore Enrico De Cillia, in Friuli nel mondo, ? 1993, a. XLII, n. 467
Enrico De Cillia, Enrico De Cillia. La vita e l'opera, Udine 1987
De Micheli M., Nel dominio della pittura, in Enrico De Cillia pittore, Udine 1986