Il dipinto raffigura l'episodio in cui sant'Agostino, che camminava lungo la riva del mare meditando sulla Trinità, si imbatte in un bambino che, dopo aver scavato una buca nella sabbia, tenta invano riversarvi tutta l'acqua del mare servendosi di un mestolo. Un'operazione altrettanto impossibile di quella del santo di penetrare il mistero della Trinità. Quest'ultima, circondata da angeli, si scorge in alto, al centro di uno squarcio luminoso tra le nubi.
Il dipinto proviene dal ciclo pittorico del coro della Chiesa conventuale (edificata tra il 1678 e il 1683 e distrutta durante il primo conflitto mondiale). Il taglio della cornice nella parte superiore tradisce l'originaria collocazione tra le due lesene del presbiterio. L'opera, uno dei sei grandi quadri citati in una nota di pagamento del 1711 (Geroni 2001, p. 97), è citata nella "Cronaca" di Suor Giovanna Lanthieri, redatta nel 1718 in occasione dei festeggiamenti per il primo centenario della fondazione del Monastero delle Orsoline in Bordeaux e dove la Madre Superiora si sofferma nella descrizione della Chiesa addobbata a festa (il documento viene citato da R.M. Cossar, 1948, p. 121). L'autore orientato verso il quadrante figurativo veneto, è probabilmente lo stesso che dipinge le tele del ciclo presbiteriale con le storie di sant'Orsola.
Geroni L., La chiesa di carta. Vicende costruttive tra Sei e Settecento, in Il monastero di Sant’Orsola a Gorizia. Trecento anni di storia ed arte, Milano 2001
Cossar R.M., Storia dell'arte e dell'artigianato in Gorizia, Pordenone 1948