Il gruppo segue lo schema tipico delle altre Pietà coeve: la Vergine seduta con le vesti allargate alla base, disegna una piramide tagliata diagonalmente dall'irrigidito corpo del Cristo. Costui ha il capo rivolto verso lo spettatore e sostenuto, in maniera alquanto innaturale, dal braccio destro della madre. Nella statica fissità del volto della Vergine è ben descritto inoltre questo supremo momento di dolore. L'esemplare, conservato en tro una conchiglia di stucco di fattura ottocentesca, è policromato; le tinte, di stesura recente, ricalcano i colori antichi.
L'esemplare ripete uno schema diffuso in territorio austriaco ma di cui re stano molti esempi anche in Friuli (tra i quali quelli di Venzone, Aquileia, Gemona, Cividale, Sesto al Reghena, ecc.). Le sculture di questo tipo erano chiamate in tedesco "Vesperbilder" cioè "immagini della sera" e pare derivino dalla semplificazione del "planctus Cristi" composto in origine da nove personaggi: Cristo sulle ginocchia della Vergine, San Giovanni Evangelista, la Maddalena, le tre Pie Donne, la Madre di Giuseppe e la Veronica, Nicodemo e San Giuseppe d'Arimatea. Stilisticamente possiamo ritenere questa Pietà derivata dal prototipo delle Pietà friulane, cioè da quella di Venzone, e vicina a quella conservata a Sesto al Reghena, anche se realizzata in forme più ricercate. (Forniz A., 1964, pp. 60-63).
Tramontin V., Panoramica sulla scultura e la pittura nel sanvitese. Lo sviluppo urbanistico di S. Vito, in San Vit al Tiliment, Udine 1973
Forniz A., Dipinti murali nel Friuli Occidentale, in Pordenon, Udine 1970
Forniz A., Francesco da Milano in una tavoletta a Sarone, in Il Noncello, Pordenone 1964, n. 22