in basso a destra: MUSIC 69
sul retro: MUSIC/ Censimento appenninico/ VIII - 11/ 1969
Tocchi di colore asciutto, con accordi tonali diffusi si dispongono sulla tela, considerata parte integrante del dipinto. Le stesure cromatiche diventano "impronte" di pennellate brevi e rare che si addensano lungo i contorni.
Alla fine degli anni Sessanta, dopo la breve e felice stagione dei prati fioriti ai piedi delle Dolomiti cortinesi, Music si rivolge alle forme tormentate degli Appennini intorno a Bologna. I profili di queste montagne precedono di solo qualche anno, meno di due, le pitture dei morti degli anni Settanta. Per Giuseppe Mazzariol, che nel 1980 a Music dedicò una fondamentale monografia, "le inquietudini sociali in Occidente della rivoluzione giovanile, ma ancor più gli orrori della guerra vietnamita, sono il contesto psicologico e spirituale che motiva l'artista a significare questi grandi morti della terra che sono gli Appennini emiliani, colti frontalmente come barrages che si levano verso il cielo, maculati e corrosi da una vecchiaia senza scampo e, subito dopo la serie dei cadaveri, il cui titolo "Non siamo gli ultimi" suona angosciosamente come un terribile monito" (MAZZARIOL 1980, p. 14). Le tre ondulazioni che si levano contro il cielo in questo dipinto della collezione regionale sembrano anticipare la stesura della tela del 1970 conservata alla Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco con le tre teste di cadaveri visti dal basso verso l'alto. Di formato verticale la tragica veduta si trasforma in orizzontale nella tela del Museo Nazionale d'Arte Modern a di Oslo (cfr. MAZZARIOL 1980, pp. 130-131). Negli anni degli inventari appenninici, dei motivi italiani stanno già riemergendo in Music forme essenziali che aveva visto e disegnato di nascosto nel lager di Dachau. "Erano le cataste umane, disseminate ovunque nel campo, torrette allucinanti che si muovevano per gli ultimi spasmi dei moribondi" e Music le definisce nell'intervista del 1997 "di una bellezza tragica, terribile"; con la matita annotava i particolari: le mani, le dita incrociate, le bocche aperte nell'ultimo tentativo di aspirare un po' d'aria, le grandi orbite nei volti scavati, le membra disarticolate. "Dopo trent'anni di apparente oblio, convoca di nuovo sulla tela, come un ricordo, come una constatazione, forse anche come un presentimento, la figura dei suppliziati" (CLAIR 1980, p. 165).
Opere collezione, Opere dalla collezione regionale. Dipinti di autori contemporanei, Trieste 1999
Music, Music, Conegliano Veneto (TV) 2003
Coslovich M., La testimonianza. Intervista al Maestro Anton Zoran Music. Venezia 17 gennaio 1997, in Music testimone a Dachau, Trieste 1997
Zoran Music Mostra, Zoran Music, Milano 1992
Levi P., Zoran Music. Dialogo con l'autoritratto, Milano 1992
Mazzariol G., Music, Milano 1980