dipinto murale, Tiepolo Giambattista, XVIII

All'interno di una cornice mistilinea in stucco, lungo una scenografica gradinata si anima la scena del giudizio di Salomone, il quale seduto su un trono collocato sulla sommità della scala, indica con la mano destra il risultato della sua decisione. Dinnanzi a lui il carnefice, ritratto con fare quasi caricaturale, alza la spada pronto a tagliare in due il bambino che egli tiene appeso a testa in giù prendendolo dalla gamba sinistra. Al suo fianco, inginocchiata sulla gradinata, la vera madre del bimbo cerca col braccio sinistro di trattenere l'infanticida. Oltre questo gruppo si intravede a mezzo busto la donna causa della contesa. Davanti a lei, ma su i primi gradini, giace il corpo esanime di suo figlio. Alle spalle di Salomone è disposta la variopinta corte composta da consiglieri, cortigiani, fanciulli, un nano e, in primo piano, un cane. Sopra tutti si impongono due candide sculture che reggono un drappo, che fa da sfondo alla figura di Salomone.

L'affresco, ultima opera eseguita dal pittore nel palazzo nel 1729, decora uno degli ambienti più importanti del palazzo, ossia quello dedicato al tribunale ecclesiastico. Mai come in questo luogo, dunque, la raffinata lettura teologica degli avvenimenti doveva, in base al grande progetto iconografico messo in atto dal patriarca Dionisio, sposarsi con la funzionalità della stanza. Risulta dunque evidente il legame tra la saggezza del giudizio di Salomone e le decisioni che il patriarca prendeva in quel luogo. Nella composizione Tiepolo manifesta un chiaro debito a Paolo Veronese, dal quale riprende alcune soluzioni sceniche che egli utilizza per ingrandire illusionisticamente il soffitto della sala.