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Impostato entro un riquadro sviluppato in senso verticale, questo affresco si differenzia dagli altri, che lo accompagnano nella decorazione della sala, per l'assenza dell'elemento lacustre o marino. Sullo sfondo campeggia un edificio impostato su tre livelli, con alta torre e portico scandito da tre arcate. In lontananza si intravede un edificio sacro distinguibile dalle caratteristiche cupole di ricordo rinascimentale. Dal cancelletto posto lungo il muretto entra un popolano diretto verso il centro del dipinto. Qui, in primo piano si vede un'elegante figura di gentiluomo vestito secondo la moda del tempo. Alla sua sinistra, ai piedi dell'albero, siede una fanciulla intenta a ricamare. Dalla parte oppposta si vede una coppia di borghesi, oltre ad essi, in lontanza sotto un arco in rovina, un fanciullo è intento a giocare con un cane.
La sala nella quale si trova il dipinto in oggetto comprendeva in origine anche l'attigua sala ora denominata "saletta delle oreficerie", in quanto utilizzata per l'esposizione di quel genere di manufatti. Dopo il 1957 questo ambiente venne ridotto per crearvi la cappella domestica, essendo il primo piano del Palazzo allora adibito ad uso privato dell'Arcivescovo. La parete dove oggi è visibile l'affresco venne dunque edificata in quell'occasione quale separazione. Da questa trasformazione si ricavarono due ambienti: la cappella (ora "saletta delle oreficerie") e la sala in oggetto che venne utilizzata come ufficio del segretario dell''Arcivescovo. L'affresco in analisi, dunque, non si trovava in origine in questo luogo, bensì su una delle pareti dell'attuale "saletta delle oreficerie". Dovendo quest'ultima servire come cappella e reputando non consona la presenza di dipinti profani all'interno della stessa, si decise di staccare il presente affresco per apporlo nel luogo dove oggi è possibile ammirarlo.
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Nicoloso Ciceri A., Una saletta per gli etnografi al Museo Diocesano, in Sot la Nape, Udine 1994, a. 46, n. 4
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