Le raccolte comunali di antichità di Trieste sono conservate nelle sedi dei Civici Musei di Storia ed Arte, situate sullo storico colle di San Giusto. La loro formazione, iniziata di fatto già nel XIV secolo con il reimpiego edilizio di sculture e lapidi antiche fuori e dentro la Cattedrale di San Giusto, si sviluppò nell’Ottocento quando confluirono intorno al monumento neoclassico alla memoria di J.J. Winckelmann lapidi iscritte e scolpite già presenti in città e in seguito provenienti da scavi a Trieste, nel suo territorio e in Istria. Nel nascente Orto Lapidario con annesso Museo confluirono inoltre donazioni e acquisizioni civiche di intere e importanti collezioni private (su tutte, quella di antichità romane aquileiesi appartenuta a Vincenzo Zandonati). L’Orto lapidario, che si percorre dall’ingresso di piazza della Cattedrale per scendere all’edificio del Museo, permette di visitare sculture, sarcofagi, lapidi e frammenti architettonici di età romana da Trieste, da Aquileia e dall’Istria; la maggior parte dei reperti triestini nel 2001 è stata trasferita nel nuovo “Lapidario tergestino”, allestito all’interno del Bastione Lalio del Castello di San Giusto. Accanto il cenotafio di J.J. Winckelmann insieme a sculture greche e romane appartenute alla colonia Arcadica Sonziaca ospitate nel tempietto ottocentesco. Punto di riferimento per la storia della città dal Trecento ai giorni nostri è il Giardino del Capitano, che si apre davanti al Museo, raccogliendo sculture e iscrizioni di epoca medievale-moderna appartenute a edifici cittadini andati demoliti. Nell’edificio di semplici forme neoclassiche del Civico Museo trovano spazio materiali archeologici tergestini, aquileiesi, istriani e provenienti dall’area Adriatica e Levantina, databili dalla pre-protostoria all’altomedioevo. Accanto sono esposte la collezione egizia, quella dei vasi ciprioti, greci e magnogreci, la raccolta tarantina (con il favoloso rhyton d’argento a testa di cerbiatto del 400 a.C.) fino alla saletta delle ceramiche maya da El Salvador. Ricchi sono il gabinetto numismatico e la raccolta di gemme incise.
Il Centro di catalogazione ha avviato i primi progetti di catalogazione verso la metà degli anni Ottanta quando furono inserite le prima schede RA – Reperti Archeologici. Ma è soprattutto nel negli ultimi anni del duemila e nei primi anni del decennio successivo che sono state avviate campagne di catalogazione specifiche. Nella banca dati SIRPAC sono oggi consultabili oltre mille schede NU – Numismatica, appartenenti al Gabinetto numismatico e poco più di 3000 schede RA, frutto soprattutto delle recenti campagne di schedatura. Tra il 2010 e il 2012 è stato infatti possibile incrementare la banca dati con oltre milleduecento schede di reperti, appartenenti a quattro diversi nuclei delle collezioni del Museo. Tra i materiali catalogati, primaria rilevanza riveste un repertorio di 180 vasi in ceramica greci, magnogreci, etruschi e italici, databili dal periodo arcaico a quello ellenistico, già appartenuti a ricche collezioni private triestine del XIX secolo (prime fra tutte, le celebri raccolte Ostrogovich, Oblasser, Fontana Sartorio) e, successivamente, acquisiti dal museo, dove si conservano, nella cosiddetta “sala dei vasi greci”, esemplari unici per valore artistico e stato di conservazione. La sezione del Museo riguardante la coroplastica tarantina e, più in generale, magnogreca, è stata interessata dalla catalogazione di 366 esemplari, che rappresentano soprattutto statuette votive femminili, maschili e zoomorfe, oltre a rilievi, elementi architettonici e vasi. Si tratta di una classe di materiali che il Museo acquisì tra gli anni ’80-’90 dell’Ottocento, dapprima con una piccola donazione e, in seguito, attraverso un fitto commercio con il mercante d’antichità Vito Panzera di Taranto, grazie al quale furono raccolti quasi duemila pezzi, molti dei quali di grandissimo pregio. La vastità e varietà della raccolta permette di documentare gli sviluppi stilistici, tecnici e iconografici di queste produzioni, dal periodo più arcaico, di VII secolo a.C., fino alla piena età ellenistica. Un terzo nucleo di materiali catalogati riguarda un approfondimento del tesoretto di San Canzian, con 180 reperti della necropoli protostorica di Brežec, presso Škocjan (San Canziano), sul Carso sloveno, che il naturalista triestino Carlo de’ Marchesetti riportò in luce sullo scorcio dell’800. Monili, accessori del vestiario, vasellame, armi e altri oggetti associati alle 325 tombe ad incinerazione - semplici pozzetti coperti da lastre di calcare o arenaria, per lo più privi di cinerari - attestano l’evoluzione dei costumi funerari e della cultura materiale della comunità del luogo, attraverso il lungo periodo di vita della necropoli, protrattosi dal tardo bronzo finale alla fase evoluta dell'età del ferro (X-VII sec. a.C. circa). È proseguito, infine, il progetto di riordino e di classificazione delle raccolte di vetri antichi del Museo, già avviato da alcuni anni, con l’acquisizione nella banca dati di oltre 500 schede di reperti fra contenitori da mensa, da toeletta e vasellame di vario tipo, così da potersi ritenere completata - di fatto - la documentazione dei nuclei principali della collezione, formatasi per lo più attraverso acquisti e donazioni, tra ‘800 e ‘900, e mediante ritrovamenti occasionali. Le schede offrono una descrizione sintetica dell’oggetto, in particolare per qual che concerne il tipo di reperto e la tipologia, la datazione e la descrizione dell’aspetto fisico e decorativo. E qualora presente mettono in relazione il bene con la specifica scheda SI – Sito archeologico.
Ruaro Loseri L./ Favetta B.M., Il civico museo del Risorgimento e il Sacrario Oberdan a Trieste, Trieste 2008
Vidulli Torlo M., Il Civico Museo di Storia ed Arte e Orto Lapidario Trieste, Trieste 2005
Vidulli Torlo M., Il lapidario tergestino al castello di San Giusto, Trieste 2003