in basso al centro: Procaccino
in alto a destra: 23/13
cartoncino di supporto, sul verso: 101
Matita a sanguigna usata in modo molto leggero, e con un tratteggio fine a reticolato nella resa dell'addensarsi delle ombre, sfumino nella resa della carnagione. Carta avorio a grana media sottile. Controfondato.
Nell'inventario di Giovanni Cossar si legge: "Sullo sterno da antica mano scritto a penna: Procaccino. Sembra lavoro troppo difettoso e debole per essere di questo artista". L'attribuzione risale probabilmente al pittore Lodovico Seculin e di basa sulla firma. Confrontando questa firma con quelle di Camillo Procaccino poste sul disegno Teste di fauno e di donna, Venezia, Accademia, n. 335 e sulle incisioni San Francesco di Assisi riceve le stigmate (1593), Milano, Biblioteca Ambrosiana, n. 7755 e Trasfigurazione, Pavia, Museo Civico, Collezione Malaspina, non si può escludere che essa sia autografa. Per quanto riguarda l'impostazione iconografica e l'uso del tratteggio, più largo nelle vesti e più fitto e morbido fino a diventare uno sfumato nel volto, si possono ritrovare analogie abbastanza puntuali in due disegni di Giulio Cesare Procaccino raffiguranti entrambi Due volti femminili, Venezia, Accademia n. 336 e n. 339. In questi due disegni, esposti alla Mostra Il Seicento lombardo, Milano, 1973, G. BORA (cfr. Catalogo) sottolinea "l'impegno di matite [...] con punta estremamente sottile e dello sfumino, per una resa pittorica di estrema raffinatezza" e ancora rileva che i "volti sono di una grazia tanto addolcita da sfiorare la leziosità, se non fosse per l'estrema scioltezza e leggerezza del segno", elementi questi che si trovano con una certa evidenza anche nel disegno di Gorizia. Per notizie sulla famiglia dei Procaccino v , catalogo, 1973. Si con fronti questo disegno con l'altro attribuito a Procaccino Cherubino (v. scheda D 305).
Seicento lombardo, Il Seicento lombardo. Catalogo dei dipinti e delle sculture, Milano 1973