recto, in basso a destra: M. Mascherini / 70
Paesaggio sintetico in cui le rocce e la vegetazione del Carso triestino sono rese con rapide linee di pastello tracciate rapidamente su una carta avorio.
L’opera, insieme a due litografie di Filippo de Pisis (schede 63-64 in Degrassi 2024), è giunta nelle collezioni dell’Ateneo triestino grazie a una donazione del 2023 della famiglia Colombis, che a sua volta l’aveva ricevuta da Franca Fenga Malabotta, vedova ed erede nel notaio triestino Manlio Malabotta (1907-1975), una delle personalità più importanti del Novecento giuliano e amico personale di Marcello Mascherini. Il disegno appartiene a una fase di ripiegamento della produzione dello scultore, che nel 1967 aveva trasferito definitivamente lo studio e l’abitazione a Sistiana, vicino a quel Carso che aveva imparato ad amare e anche a riprodurre nelle sue opere, calcando letteralmente le asperità delle rocce scavate dalla pioggia e dal vento per trasferirle nel modellato delle sue sculture. Negli anni settanta Mascherini affronterà una nuova crisi esistenziale ed artistica, che lo porterà a rinnovare drasticamente il suo stile e ad abbandonare di fatto la figurazione umana, senza però rinunciare ai contenuti simbolico-allegorici che aveva caratterizzato le opere del decennio precedente. Nasceranno così, tra il 1972 e il 1974, i Fiori, una quarantina di bronzi di un carattere definito «mitico-vegetativo». Per i suoi tratti corsivi ma al tempo stesso profondamente descrittivi, insoliti nella produzione grafica di Mascherini, l’opera in esame, evidentemente un dono agli amici Franca e Manlio Malabotta, sembra in qualche modo anticipare quelle istanze intimamente drammatiche, ben lontane dall’olimpica serenità della Figura femminile delle collezioni dell’Ateneo, realizzata nel 1953.
De Grassi, Massimo, Schede, in "Ricorda e Splendi". Catalogo delle opere d'arte dell'Università degli Studi di Trieste, Trieste 2024