tino, tinàç

Oggetto
tino
Altra Denominazione
tinàç
Ambito di produzione
bottega artigiana
Cronologia
sec. XX prima metà
Materia
legno - acciaio
Misure
cm - altezza 70
Codice scheda
BDM_19683
Collocazione
Farra d'Isonzo (GO), Borgo Grotta
Museo di documentazione della civiltà contadina
Museo di documentazione della civiltà contadina friulana

Il tino ha una forma troncoconica ed è formato da doghe in legno trattenute da 4 cerchi, di cui quello superiore e inferiore sono più spessi. I cerchi sono un unico pezzo di ferro, fermato da 2 rivetti e verniciato di verde. Sul legno si vede la traccia di un altro cerchio che una volta era posizionato tra i due superiori. Nella parte inferiore è presente il cocchiume in cui inserire una spina per spillare il contenuto. Sono presenti entrambi i fondi circolari, inseriti nella capruggine #zena#, realizzata con il caprugginatoio #zenador#. Nel fondo superiore è presente un foro, #cocchiume# per inserire il liquido; questo foro solitamente era chiuso con un tappo di sughero.

Solitamente il tino veniva utilizzato per far fermentare l'uva nera e quelli di piccole dimensioni, come questo, per piccole quantà di uva o di altra frutta, come mele, pere e ciliegie. All'occasione, come in questo caso, muniti di coperchio, venivano utilizzati come botti per conservare acqua, aceto e vino. Venivano prodotti a mano dai bottai e ne veniva fatta periodicamente la manutenzione. Solitamente i recipienti a doghe (tini, mastelli, botti, barili ecc) costruiti nella zona del museo erano in legno di castagno, gelso o in rovere di Slavonia (regione dell'attuale Croazia orientale), ma per i tini si preferiva il larice, perchè leggero e quindi adatto a creare oggetti adatti allo spostamento. Gli oggetti presenti nel museo provengono sia dalla provincia di Gorizia che da quella di Udine.

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BIBLIOGRAFIA

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Penzi D., Vandi e regolà. Una cultura contadina dimenticata, Udine 1983

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