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Le lanterne magiche, con camino a doppia "L" ed affiancate tra loro, sono realizzate in lamina di ferro verniciata in nero ed abbellita con motivi multiformi di colore oro. Sulle pareti frontali sono fissati due telai lignei con fessura, funzionale all'inserimento dei vetrini, e gli obiettivi a tronco di cono in ottone. Lateralmente sono presenti sportelli apribili con piccola maniglia. Si riscontrano inoltre due coppie di semplici maniglie in ferro, probabilmente necessarie al trasporto in una versione spaiata delle lanterne. All'interno dei vani sono visibili i rispettivi sistemi elettrici a lampadina di più recente realizzazione. Davanti alle strutture lenticolari sono posizionati, su supporto metallico (non fissato alla base in mogano), due pettini lanciformi anch'essi con decorazione dorata. Le lanterne sono ancorate ad una base quadrangolare di legno di mogano. Il dispositivo si presenta con una coppia di vetrini dipinti già posizionati.
Sebbene le origini risalgano al XVII secolo, fu tra Sette e Ottocento che la lanterna magica raggiunse la più alta considerazione sia in ambito scientifico, sia ludico-divulgativo. I lanternisti itineranti portarono i loro spettacoli nelle piazze di tutta Europa con soluzioni dalle più semplici alle più sofisticate. La lanterna magica nelle sue molteplici varianti tecniche rappresenta oggi uno dei dispositivi ottici più popolari dell'epoca antecedente la nascita del cinema. A partire dal 1839 le immagini fisse vennero animate grazie al meccanismo della dissolvenza, messo a punto dall'inglese Henry Langdon Childe (1781–1874), ottenuto inizialmente affiancando due lanterne gemelle provviste di otturatori a pettine o ad occhio di gatto ed in seguito con l'ausilio di sofisticati dispositivi a "doppio" e "triplo" sistema lenticolare. Negli ultimi decenni dell'Ottocento la tecnica fu gradualmente abbandonata a favore di nuove soluzioni (Zotti Minici, 2001).
Visioni Cinema Zotti Minici, Magiche visioni prima del cinema. La collezione Minici Zotti, Padova 2001