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Il palazzo a pianta rettangolare di circa 45 metri di lunghezza e 35 di larghezza, presenta «quattro facciate di eguale altezza e importanza», strutturate sulla sovrapposizione di basamento, corpo e coronamento; un ultimo piano, arretrato, appare celato in sommità dalla cornice. Il basamento a doppia altezza è interrotto da due gallerie (ciascuna corrispondente a due campate in facciata), che si intersecano per distribuire su tre blocchi interni il piano terra commerciale e l’ammezzato destinato ad uffici. Tale soluzione, presente sui due lati corti e verso viale Franco Martelli, determina un «peso» maggiore di queste facciate rispetto a quella su via Roma, dove l’assenza della galleria e del relativo portale, è evidenziata dalla sequenza continua dei pilastri rivestiti in marmo rosa. Il ruolo urbano e monumentale del fronte prospiciente il viale è ulteriormente enfatizzato dalle due raffigurazioni del Leone di San Marco, altorilievi commissionati nel 1952 allo scultore pordenonese Ado Furlan. Corpo e coronamento sono disegnati dal ritmo delle finestre e delle alte cornici in pietra artificiale che non lasciano intuire la natura residenziale dell’edificio: i 53 appartamenti presentano gli ambienti di servizio rivolti verso la corte interna caratterizzata dalla presenza di facciate interne con finestre fra loro differenti. Di natura prettamente funzionale in essa trovano spazio volte ribassate in vetrocemento, destinate ad illuminare la galleria sottostante.
Un primo progetto per l'isolato fu presentato nel 1939, momento in cui «una certa stasi nella costruzione di case per abitazione, il continuo aumento della popolazione per nascite e per immigrazioni, l’antichissima costruzione di buona parte della case pordenonesi prive di ogni comodità, avevano reso più sensibile il problema edilizio» («il Popolo del Friuli», 4 gennaio 1940). Oltre alle abitazioni per il ceto popolare, si voleva a risolvere anche il problema abitativo dei ceti medi; il Comune cedette quindi parte di piazzale Roma alla Società Immobiliare Pordenonese per realizzare un palazzo con appartamenti, impegnandosi a colmare con proprie spese la roggia dei Molini, creando così l’attuale via omonima. Il progetto, presentato nel 1939 dal professore Vecchi e dall’ingegnere conte Carminati, non ebbe alcun seguito. La proprietà cambiò nel 1944; nel 1951, l’Impresa Facchin & Gianni di Milano avviò la costruzione dell’edificio sulla base del disegno predisposto da Claudio Malnis di Vigonovo, allora dipendente della ditta costruttrice.
L’edificio è composto da una maglia di pilastri che si svelano in facciata con la ripartizione del fronte mediante l’uso del partito architettonico, che viene modificato solo in presenza dei varchi delle gallerie e lungo i lati maggiori per la campata d’angolo.
Pordenone Novecento, Pordenone Novecento. Guida alle architetture, Pordenone 2016
Bigatton W. / Bordugo M. / Lutman G. / Moranduzzo S., 1945-1995 Architettura nel Friuli Occidentale, Pordenone 1995
Bigatton W. / Bordugo M. / Lutman G. / Moranduzzo S., 1945-1995 Architettura nel Friuli Occidentale, Pordenone 1995