Il corpo gentilizio è un volume articolato in pianta e in alzato, costruito in più fasi, in muratura, su un importante basamento areato in rapporto alla quota elevata di falda che occasionalmente raggiunge il piano di campagna. La soprelevazione centrale, fiancheggiata da volute ornate da obelischi, è decorata con sei paraste a capitelli corinzi, cui corrispondono, solo sul prospetto sud semicolonne ioniche al piano terra che reggono una balaustra a colonnine sormontata da statue. Un timpano racchiude in sommità tre delle cinque campate. Sul coronamento della facciata sono collocate statue in pietra. Il corpo gentilizio è connesso a nord con le ali postiche e a sud con le barchesse porticate, disposte ortogonalmente a formare il cortile d'onore, inoltre si prolunga a est e a ovest in altri corpi di fabbrica.
E' attribuibile alla figura di Ludovico I° Manin il programma-progetto per la realizzazione della primitiva fabbrica della villa verso la metà del Seicento. Il figlio di Ludovico, Francesco IV, con affidamento d'incarico all'architetto Giuseppe Benoni (Trieste, 1618 - Venezia, 1684), presiederà alla definizione e al completamento del complesso seicentesco della villa. L'originaria struttura domincale, costituita da un corpo centrale loggiato e rinserrato da torri, affiancato dai corpi delle barchesse e cinto a nord da fabbriche minori (foresterie, gallerie, loggia) differiva radicalmente dall'impianto attuale, che fa seguito alle imponenti trasformazioni settecentesche. Nel 1709 lavorarono all'interno della villa Louis Dorigny e Abbondio Stazio, esperto nella realizzazione di stucchi barocchi, per decorare gli scaloni. A Dorigny venne affidata la decorazione di una sala sul cui soffitto il pittore realizzò il Trionfo della Primavera e le allegorie di Amore, Gloria, Concordia e Abbondanza ai lati. Le pareti, inoltre, furono da lui dipinte, a toni monocromi, con racconti mitologici desunti da Ovidio. Gli ingressi sono decorati con putti all’interno di medaglioni. Seguiranno lavori di abbellimento degli interni della villa ad opera di Serini e di Oretti. Verso il 1730 venne rifatta l'ampia scalea di accesso. L’attenzione venne in questo periodo focalizzata sulle strutture e sulle proporzioni del palazzo dominicale e fu richiesto l’intervento dell’ing. Bernardino Zendrini (Brescia, 1679 - Venezia, 1747). La relazione stilata rivelò le molte deficienze dell’edificio e con la collaborazione dell’architetto Giorgio Massari (Venezia, 1687 - Venezia, 1766) venne fatto il progetto di ristrutturazione. Il corpo dominicale assunse l’aspetto che ancor oggi possiamo vedere; la parte centrale fu soprelevata di un piano e decorata con sei paraste a capitelli corinzi, poste sugli assi delle semicolonne ioniche sottostanti. Al di sopra, un timpano racchiudeva tre delle cinque campate. Ai lati, due volute facevano da raccordo con obelischi. I lavori vennero seguiti da Ziborghi. L'esterno della villa aveva assunto così un carattere monumentale che però non trovava corrispondenza con l'interno. Per questo motivo, nel 1761, venne stipulato un contratto con Angelo Andrioli che si occupò del grande salone posto al centro della villa. Questo, a differenza di molte altre residenze nobiliari non si trova al primo piano ma al piano terra e vi si accede direttamente dallo scalone antistante la villa e dall’ampia terrazza che si estende su tutto il fronte. La sala, a doppia altezza, ha due ballatoi passanti di fianco ai lati lunghi. Andrioli ebbe il ruolo di abbellire la sala per portarla all’attuale splendore e per far ciò ridisegnò le balaustre in legno e pose al centro un lampadario in vetro di murano. La villa fu residenza dell'ultimo doge di venezia Ludovico Manin e nel 1797 divenne quartier generale delle truppe francesi di Napoleone Bonaparte che qui risiedette durante la campagna d'Italia. Nella villa venne firmato, nella notte tra il 17 e 18 ottobre 1797, il celebre trattato di Campoformido che sancì la pace tra Francia e Austria e segnò la fine della Repubblica di Venezia. La famiglia Manin si avviò verso un progressivo declino e la perdita di molti beni. Nel 1802 morì Lodovico e la villa venne occupata dagli austriaci impegnati nella realizzazione della nuova carta geografica austriaca.La villa fu in seguito abbandonata e dimenticata per molti anni e cadde in uno stato di notevole degrado. Nel 1960 fu avviata una campagna di rilievo per realizzare un progetto di restauro e il 19 luglio 1961 venne decretato l’esproprio a favore dell’Ente per le Ville Venete. Nel 1962 crollò una parte del soffitto della sala della cupola e venne finanziato un primo intervento. I lavori furono suddivisi in tre diversi lotti che dovevano riportarla al suo antico splendore riadattandola alle funzioni di museo. I lavori furono completati e la proprietà venne ceduta dapprima alla Provincia di Udine e successivamente alla Regione, attuale proprietaria che restaurò il complesso. L’edificio padronale è stato adibito a museo ed è sede di importanti mostre temporanee.
Venuto F., La villa di Passariano. Dimora e destino dei Nobili Manin, Passariano di Codroipo (UD) 2001
Venuto F., Villa Manin e il suo parco. Una secolare vicenda artistica, Tavagnacco (UD) 1995